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Un gruppo di escursionisti ad Africo vecchio

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I nuovi cammini della restanza: la montagna calabrese è costellata di nuovi percorsi con un indotto che aiuta i piccoli paesi


UNA spiaggia oltre Bova Marina, il gestore che mette fuori i primi ombrelloni, ci sono ancora i segni dei piccoli trattori che hanno spianato la sabbia. All’improvviso, dalla montagna arriva un gruppo variegato, a piedi. Categoria boomer, outfit non troppo curato, allegri. Sono più di quindici, sicuramente hanno speso molto per le scarpe, si sono organizzati con quella storica agenzia di Roma che inventa viaggi nel mondo all’insegna del risparmio, alla ricerca di posti non convenzionali. Li riconosco al volo e penso: se sono arrivati qui, vuol dire che qualcosa nel turismo in Calabria sta cambiando. Hanno percorso il Sentiero dell’Inglese, lo hanno concluso e ora vogliono fare un bagno, costi quel che costi, anche una bronchite. Poi sono andato a leggere sulla loro rivista, parlano di “luoghi fuori dal tempo”.

«Dopo sette giorni di cammino è possibile conoscere un Aspromonte diverso da quello descritto dalle cronache, con la sua gente che oggi insiste per ricercare e credere nuovamente nelle proprie e sane origini». Parte da questa immagine un viaggio a zonzo lungo i cammini – soprattutto quelli meno conosciuti – della Calabria, grazie alle segnalazioni che arrivano al giornale, sui social e con il passaparola, sull’onda di veri e propri ri-scopritori delle nostre montagne, come Francesco Bevilacqua e il suo ordine pedestre dei camminatori erranti, Alfonso Picone Chiodo, Virgilio dell’Aspromonte. Fra i primi a ri-aprire i cammini della montagna calabrese, dopo gli anni dell’oblìo e dello stigma dei sequestri. Piccoli progetti che creano piccoli-grandi numeri di occupazione, case che vengono riaperte, pareti colorate, muri che tornano a secco, piccoli B&b con più di una stagione. Il senso di questa pagina: raccontare tante iniziative, specie dal basso (impossibile citarle tutte), dove i cittadini diventano presidio pacifico del territorio, controllo, alleanza anti-degrado. E ricordare la rete dei percorsi più conosciuti, quelli che toccano i luoghi sacri, dove il “passaporto del pellegrino” è un lasciapassare. Anche questa è la Restanza in Calabria, che si riempie di contenuti, progetti e suggestioni.

Sulla faggeta di Monte Condrò

Ciao mare grecanico allora, la scena diventa un’altra: siamo sul Reventino, fra le province di Catanzaro e Cosenza. Dove in questi giorni si festeggia un nuovo percorso: la via dei Sediari di Serrastretta. Dodici chilometri dedicati agli artigiani del paese, con un sentiero che parte dai vicoli del centro storico per concludersi nella faggeta di Monte Condrò.

Giuseppe Paletta di Edrevia lo definisce un viaggio identitario nella memoria del paese delle sedie: si può fare a piedi o in bicicletta, per ripercorrere la strada dei falegnami, fino a questa spettacolare area di duecento ettari, a 1200 metri di quota. E non è un caso che questa iniziativa nasca nell’area di Soveria Mannelli, terreno fertile di idee e iniziative – imprenditoriali e sociali – contro lo spopolamento della montagna calabra.

Il pane di Monte Cocuzzo

L’antropologo Mauro Francesco Minervino ha appena pubblicato un appassionato libro sul Monte Cocuzzo, una vetta che sta quasi a picco sul Tirreno, fra Amantea e Cosenza, su tracciati turistici che toccano borghi come Fiumefreddo Bruzio. I viaggiatori dell’800 pensavano che fosse la cima più alta della Calabria, per la posizione, per la forma calcarea anomala e svettante, percorsa da rocce di granito. “Montagne elevate e selvagge, creste acuminate come un muro irregolare come le coste del Mediterraneo”. George Gissing le vede così durante un viaggio in piroscafo verso la Grecia nel 1889: “Inesprimibili”. Per Minervino, un percorso del genere aiuta a scoprire le vite di ieri, le case abbandonate. E i profumi che resistono, come quello del pane. Un viaggio sentimentale a due passi da una superstrada, con un incredibile ritorno all’indietro.

Il cammino di San Francesco da Paola

Non è una scoperta e non ha bisogno di presentazioni, meriterebbe da solo una pagina o una vacanza. Il sito ilcamminodisanfrancesco.it racconta le tre possibilità: 1) La via del Giovane, da San Marco Argentano a Paola. 2) La via dell’Eremita, da Paola a Paterno Calabro. 3) la via dei Monasteri, da Paterno a Corigliano. Per il resto, questa è una storia che può essere raccontata per immagini: il bosco di Cinquemiglia, il ponte delle Fiumicelle, il faggio dove il santo si fermava per rifocillarsi, il monumento sul monte Palazzello a 1350 metri.

I cammini basiliani

Il percorso dei percorsi, conosciuto e praticato, che va da Rocca Imperiale, estremo nord jonico a Gerace, Locride: in totale sarebbero 73 tappe, chissà chi se lo può permettere: 1500 chilometri di sentieri, molti percorribili in mountain-bike, celebrano la storia di questi monaci erranti e ascetici, che diventarono una congregazione nel 1579. Frazioni che vanno da 7 a 32 chilometri, con 350 strutture ricettive lungo il percorso, e sette frazioni “wild”, adatte solo ai più esperti. Un lavoro curato dall’associazione “Cammini Basiliani” che lo definisce come una scelta “culturale, spirituale ed ecologica”, un percorso che ne incrocia altri in una grande rete verde e lontana dal cemento. Un bel lavoro firmato dall’etnobotanico Carmine Lupia, già protagonista del rilancio delle Valli Cupe, nella Sila catanzarese, riserva citata dall’Università Cattolica di Milano come esempio di economia sostenibile.

Il sentiero del Brigante

140 chilometri, da Serra San Bruno a Gambarie, un’autostrada verde fra due parchi nazionali, dalle sei alle otto tappe. “Roccaforte e crocevia, vetta e pianoro, foresta e pietraia, splendore e decadenza, difesa e abbandono, passate e futuro, bene e male” scrive Nicola Casile. Grazie alla Gea e al Fai, è entrato fra i quaranta principali cammini d’Italia. La Soprintendenza lo ha dichiarato luogo di “notevole interesse pubblico, lo ha censito e in qualche modo preservato da violazioni. Comprende 31 comuni e 5 centri storici, è l’istmo montano utilizzato dai locresi nel VII secolo AC. Oggi minacciato dal taglio degli alberi e dalle arterie stradali. Percorrerlo è un modo di difenderlo.

Divertirsi con l’Inglese

C’erano dei viaggiatori impettiti/ che arrivarono uniti/ suppergiù fino a Staiti. Ecco un’indegna imitazione delle poesie, i giochi di parole, i limerick con i quali Edward Lear diventò famoso nel mondo. Viaggiò molto al Sud, da un paese all’altro a piedi, lungo i paesi dell’area grecanica, fu scrittore e disegnatore. Anche grazie all’impegno delle guide di Naturaliter, il suo viaggio è diventato un sentiero lungo sei-sette giorni, che parte dall’affascinante Pentedattilo, il paese sempre meno abbandonato della jonica reggina, oggi piccolo gioiello da copertina. Si va per percorsi interni, passando per Bova, la Giudecca e la locomotiva in piazza, fino al paese più piccolo della provincia, la minuscola Staiti. Che conserva un gioiello di più di mille anni fa, la chiesa senza tetto di Santa Maria de’ Tridetti, patrimonio della Comunità europea dove tutte le religioni hanno lasciato tracce. La pagina Facebook del Sentiero, solo per citare gli ultimi giorni, annota arrivi da Roma, Bolzano, Ravenna, Grosseto; gruppi del Cai, un viaggiatore solitario dalla Polonia, una comitiva di quindici persone con 4 non vedenti e 4 ipovedenti. La differenza? Lear viaggiava con l’asino, ma i camminatori di oggi sono ben contenti di scarpinare, e alla fine, pur provati dalle delikatessen locali, arrivano alla meta e prendono anche il diploma.

Camminasila, Noemi Evoli e altre storie

Grazie anche ai volontari che hanno ripulito i percorsi dei Parco Archeologico Urbano di Brancaleone Vetus, paese conosciuto per aver accolto Cesare Pavese al confino, per il centro di recupero delle tartarughe, ma non per il suo struggente paese vecchio, ora non più solo. Nuovi cammini, nuovi panorami, giovani in cammino. Guide appassionate come Noemi Evoli: con i suoi “Passi narranti” che organizza escursioni sul sentiero del Tracciolino e dell’Ortica, nel Reggino. O Anna, Angela e Sabrina di “Moccivò” che operano in Sila e propongono “turismo accessibile e sostenibile nella regione che non ti aspetti”. Grazie ai giganti di camminasila.com, che non lasciano passare weekend o giornata festiva, in inverno o in estate, per proporre nuove escursioni, comprese quelle a cavallo o con le ciaspole. E a “Quelli del tallone libero” che camminando camminando sono andati indietro, fino alla storia dei briganti, un percorso raccontato a puntate sul Quotidiano.

Una montagna aperta: calabresi in movimento, contro tutti i luoghi comuni. Del resto, il primo globetrotter fu il taurianovese Francesco Gemelli Careri, avvocato laureato a Napoli, che nel 1693 partì per il primo giro del mondo, come certifica la Treccani. Nel nostro piccolo, ci accontentiamo di Pietra Cappa, ma quanta bellezza sconosciuta.

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