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C’E’ UN VIDEO che gira su Facebook nel quale Paolo Rossi invita il pubblico a venire martedì sera al Castello Svevo di Cosenza, dove, alle 21, sarà il protagonista di “Rossin Testa”. Con lui ci saranno Emanuele Dell’Aquila alle chitarre e il gruppo musicale dei Virtuosi dei Carso.

«Mi raccomando venite – dite Paolo Rossi – ma se non venite ditecelo, così non veniamo neppure noi». In realtà i cosentini ci saranno. E l’allegra comitiva (a giudicare anche dalle immagini del video) è in viaggio, e raggiunta da una nostra telefonata in piena calura. «Fa un caldo assurdo» dice il comico nato in Friuli ma milanese d’adozione. «A Cosenza come va?». Fa caldo anche qui. Tanto. Ma il discorso fa presto a sviare dal meteo a uno spettacolo che a quanto trapela “sente” molto.

Il “Testa” del titolo è Gianmaria Testa, cantautore morto lo scorso mese di marzo «un artista conosciutissimo in Francia, in Canada, in Belgio – racconta ancora Rossi – ma che in Italia, a parte qualche zona del nord, era considerato un ferroviere che faceva il cantante. Peccato. Ha scritto le musiche dei miei due ultimi spettacoli e poi alcuni inediti che aveva composto apposta per me, su misura per me prima di salutarci. Tutto ciò sarà in questo spettacolo ma infarcito da ricordi raccontati alla mia maniera».

Le canzoni di Testa, allora, per comporre questo spettacolo di teatro-canzone, sulla scia della tradizione di Gaber e Jannacci, un concerto-teatrale, come è scritto nelle note di regia, durante il quale Rossi toccherà diversi argomenti: le donne, il sociale, il teatro stesso. Ma Gaber e Jannacci non sono due nomi detti a caso. Jannacci era anche un amico. E un amico lo era anche Testa. E nei ricordi di Rossi i tre si sono incrociati spesso, gli aneddoti e i racconti sarebbero ricchi, molto ricchi. «Enzo e Gianmaria si stimavano molto – dice ancora Rossi – e questo nonostante siano state due persone molto diverse caratterialmente. Gianmaria era uno molto tranquillo, Enzo era fumantino. Era una complementarietà che innescava ragionamenti, canzoni, spettacoli. E raccontare come siano nate certe canzoni è già uno spettacolo di per sé».

Materiale per il pubblico di Cosenza. Materiale nato in quella tradizione che vuole Milano come una sorta di incubatrice di idee, intuizioni, colpi di genio da trasformare in musica, cabaret, teatro… «Ma quella Milano ormai non esiste più – continua amaro Rossi – io meno male che sono sempre in giro e non ci sto mai». Perchè gli anni passano e i tempi cambiano. E dopo averlo visto ospite di Insinna in queste settimane da Europei di calcio, vien voglia di chiedergli se abbia intenzione di aggiornare il suo monologo su Beccalossi, un suo classico, soprattutto alla luce dei rigori di Zaza e Pellè, crocifissi dalla critica social e non solo.

«Ma no, quel monologo non si tocca – è la risposta – e anche in questo caso, l’ho fatto tante di quelle volte che ormai preferisco raccontare i retroscena. I rigori dell’Italia? Neppure li ho visti, ero in giro». La conclusione è un ritorno a “Rossin Testa”: come definirebbe questo spettacolo? «Emozionante. Per chi lo vede. E per chi lo fa».

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