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COSENZA – Domenico Quaglio, amministratore delegato del Cosenza Calcio, lascia il suo incarico e lo comunica con una nota in cui si legge: «Lascio il mio ruolo. Decisione maturata a maggio ma comunicata solo oggi per consentire un sicuro ed indolore passaggio di consegne». Quaglio ringrazie i tifosi e il sindaco Occhiuto e aggiunge: «Sono stati tre anni entusiasmanti trascorsi con durissimo impegno e passione totale e con sacrifici personali e professionali sono orgoglioso di aver dato il mio contributo nella risalita del Cosenza dall’inferno dei dilettanti. Con Eugenio Guarascio ho condiviso tutto, dalle piccole alle grandi scelte – sottolinea Quaglio – ma dopo la fine del campionato sono state assunte decisioni da me non condivise e, dunque, mi è sembrato opportuno fare un passo indietro».

La scelta in questione è quella relativa alla riconferma dell’allenatore Cappellacci. Tra il tecnico e l’amministratore delegato non corre buon sangue e in occasione del rinnovo contrattuale, Cappellacci aveva espresso tutte le sue riserve al presidente Guarascio.

Ora arrivano le dimissioni di Quaglio, proprio in un momento particolare, nel quale l’allenatore si trova sotto attacco per il delundente avvio di campionato. Barletta non era la partita della verità, ma sicuramente quella in cui il Cosenza avrebbe dovuto lanciare qualche segnale positivo in più sul piano del gioco. La pesante sconfitta (3-0) rimanda qualsiasi giudizio azzardato e definitivo, siamo soltanto alla terza giornata, ma è sempre pur vero che tre indizi cominciano ad avere il sapore di almeno una mezza prova. Un po’ quanto era già successo in precampionato: i pareggi con Rende, Montalto e Taranto (tutte squadre di serie D) avevano già messo a nudo i limiti della squadra. Soprattutto sul piano del gioco: dall’incisività offensiva (pochi tiri in porta) all’intensità (corsa e pressing meno di un optional); dalle giocate in verticale (praticamente vicine allo zero) alla cattiveria agonistica (che non c’è proprio). Certo, l’obiettivo rimane sempre la salvezza da conquistare con un manipolo di giovani, i quali al momento garantiscono soltanto introiti per le casse del club (minutaggio previsto dalla Lega Pro). 

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Per il resto ci sarà ancora molto da lavorare. E, come ha ripetuto Cappellacci alla vigilia della trasferta di Barletta, per un giudizio più vicino al reale valore del Cosenza bisognerà attendere ancora un po’ (sei – sette partite, giusto per replicare le parole dell’allenatore). Ma il dubbio è: con quanti punti e in quale posizione di classifica si arriverà al traguardo indicato dal Cap? È fin troppo evidente che urge una virata, quanto meno per quel che concerne i punti: sabato al San Vito arriva la Lupa Roma, poi il turno infrasettimanale in casa della Casertana (si giocherà alle ore 20.45) e dopo tre giorni, siamo a domenica 28 settembre, l’attesissimo derby in casa con il Catanzaro (l’inizitiva della società di avere già cominciato la prevendita, lascia perplessi). Conti alla mano, le sei – sette partite a cui fa riferimento Cappellacci comprendono l’altro derby con la Reggina al Granillo, la gara al San Vito con la Paganese, la visita al Matera e poi in casa con la Juve Stabia. Si arriverà, di fatto, a fine ottobre, proprio il periodo in cui si dovrà tracciare la prima linea.

Al netto delle “tappe” che si è dato Cappellacci, l’analisi della gara di Barletta conferma le criticità di un Cosenza che, a parte qualche sporadica e illuminante giocata del singolo, fa fatica ad arrivare in porta. È vero che la condanna è giunta a seguito di un episodio (il goffo rinvio di Arrigoni) ma è pure vero che l’unica conclusione verso Liverani rimane quella di Corsi all’8’ del secondo tempo. Troppo poco per colmare il gap sui tre ceffoni rifilati dal Barletta. E comunque una squadra che deve salvarsi, quanto meno in campo deve mettere quella cattiveria agonistica che Cappellacci dovrebbe conoscere bene, visto che da calciatore di salvezze ne ha centrate tante e alcune anche miracolose proprio come quella di Barletta con Rumignani in panchina.

La cattiveria agonistica è una qualità che non compri in nessuna sezione di mercato. Quella o ce l’hai, oppure diventa un problema. Si potrebbe rimediare a questa negatività facendo affidamento su trame di gioco che consentano di arginare l’avversario di turno. Ma anche in questo caso, mettendoci dentro pure la passata stagione, il Cosenza non ha mai entusiasmato. Soprattutto al San Vito. E le salvezze, da quando esiste il calcio, passano quasi sempre dalla partite in casa.

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