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Domenico Mazza con sua moglie e suo figlio

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PIZZO (VIBO VALENTIA) – «Vi supplico, aiutate mia moglie e il mio bambino a fare ritorno in Italia». E’ questo il disperato appello che Domenico Mazza, un ufficiale marittimo napitino, rivolge al presidente Mattarella, al presidente del consiglio Draghi e al ministro degli esteri Di Maio. Sua moglie Julia, ucraina originaria di Kherson, e il suo bambino Ivan, due anni e mezzo, cittadino italiano a tutti gli effetti, sono da alcune settimane “prigionieri” nell’inferno di Kherson, la martoriata città dell’Ucraina sud orientale in mano ai russi. Lui non li vede da sei mesi e non sa se e quando sarà possibile. Tutti i tentativi finora fatti non hanno dato infatti alcun esito.

«Ad ottobre ho ripreso il mio lavoro sulla nave e Julia decise di cogliere l’occasione per andare a Kherson a trovare sua madre. Non la vedeva da tre anni e voleva farle conoscere il nipotino, che lei non aveva mai visto». L’idea era di tornare a Pizzo dopo qualche mese ma le cose, purtroppo, sono andate diversamente. «Trascorso tranquillamente il Natale, qualche giorno prima di riprendere l’aereo per l’Italia Julia fu coinvolta in un incidente stradale e insieme ad Ivan venne portata all’ospedale. Dopo due giorni iniziò l’invasione russa, con tutto quello che sappiamo. I primi scontri furono a nord, dunque abbastanza lontani da Kherson, ma nel frattempo lei e il bambino avevano contratto il Covid in ospedale e così si trovarono bloccati, impossibilitati a rientrare in Italia. Nel frattempo, sbarcato dalla nave, ero tornato a Pizzo e volevo andare subito a cercare di riportarli in Italia ma, come si ricorderà, le nostre autorità sconsigliavano vivamente ogni viaggio verso l’Ucraina. E da allora viviamo tutti con l’incubo di ciò che potrebbe accadere».

Domenico racconta di aver contattato ripetutamente l’ambasciata e l’unità di crisi della Farnesina: «La risposta è stata però sempre la stessa: ci stiamo muovendo ma ancora non è sicuro… Parlano dei corridoi umanitari ma non funzionano, lo so per certo sulla nostra pelle».

In verità aveva avevo pensato di recarsi da un amico al confine con la Romania da dove poi avrebbe raggiunto la vicina Odessa: «Se arrivassero ad Odessa sarebbe fatta ma Julia ed Ivan dovrebbero prima uscire da Kherson e questo oggi è molto, molto difficile. E così passiamo i giorni nell’incertezza e nella paura. Li sento ogni giorno al telefono, una volta è stato sotto un bombardamento ed ho sentito Ivan piangere e gridare: papà buuum…! Mia moglie ed io siamo disperati. Due donne sole (il papà di Julia è morto da tempo) con un bambino di due anni e mezzo, sotto le bombe. Hanno problemi di approvvigionamento, il cibo scarseggia e non è facile trovarne…».

Da qui l’appello al presidente Mattarella, a Draghi e DiMaio: «Il mio Ivan è cittadino italiano, vi prego fate subito qualcosa per riportarli, lui e la madre, qui in Italia. Ve ne scongiuro, trovate qualche soluzione». Altrimenti Domenico è deciso a fare qualche azzardo, come dice lui. Ma sarebbe, in tutta evidenza, un azzardo davvero molto, molto pericoloso.

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