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VIBO VALENTIA – Tutti assolti. La sentenza del Tribunale collegiale di Vibo Valentia chiude il primo grado di un processo che vedeva imputati i vertici e presunti gregari del clan Mancuso di Limbadi accusati di sequestro di persona, estorsione, usura e armi, il tutto con l’aggravante delle modalità mafiose. Assoluzione perché nel corso del dibattimento non è stata raggiunta la prova per addivenire ad una responsabilità delle persone coinvolte.

E così, ad essere scagionati, sono stati Diego Mancuso, Salvatore Valenzise, Pantaleone Mancuso alias “l’ingegnere”; Francesco Mancuso, Vincenzo Addesi; Domenico Mancuso, Salvatore Cuturello e Giovanni Mancuso. Nella sua requisitoria il pubblico ministero della Dda Camillo Falvo aveva chiesto la condanna per tutti alla pena complessiva di 87 anni e 34 mila euro di multa. Richieste così suddivise: 14 anni per Diego Mancuso; 11 per Valenzise; 16 per Pantaleone Mancuso; 9 a testa per Francesco Mancuso e Vincenzo Addesi; 8 ciascuno a carico di Domenico Mancuso e Salvatore Cuturello e, infine, 12 nei confronti di Giovanni Mancuso. In più 6mila euro di multa per “l’ingegnere” e 4mila per tutti gli altri, più le pene accessorie.

«Fatti di una gravità inaudita – aveva sostenuto il pubblico ministero – affrontati in un dibattimento, ha aggiunto, che avrebbe meritato un trattamento diverso nel quale molti imputati sono già stati condannati in “Genesi” e nel quale sono state esplicitate condotte cruente di una cosca che, con il passare del tempo, ha abbandonato in parte quel modo di fare. Non si comprende il motivo per il quale esso è corso su un binario diverso che ci ha portato, oggi, a distanza di 20 anni, a valutare le condotte ancora in primo grado».

Gli episodi contestati risalivano infatti alla fine degli anni ’90 ed «erano stati provati – aveva sostenuto ancora il rappresentante della pubblica accusa – oltre ogni ragionevole dubbio». Di parere, ovviamente, opposto le conclusioni del Collegio dei difensori degli imputati costituito dagli avvocati Francesco Sabatino, Antonio Porcelli, Guido Contestabile, Mario Bagnato, Francesco Stilo, Giuseppe Di Renzo, Francesco Schimio, Armando Veneto e Annina Addesi, che evidenziato una carenza del quadro probatorio imbastito dalla Direzione distrettuale antimafia.

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