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VIBO VALENTIA – Primi verdetti nella vicenda dell’autobomba che provocò la morte del biologo 43enne di Limbadi, Matteo Vinci, nel pomeriggio del 9 aprile del 2018.

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Il gup distrettuale Paolo Ciriaco, al termine del processo con rito abbreviato, ha condannato a sei mesi – con la sospensione della pena – Rosina Di Grillo, figlia di Domenico Di Grillo e Rosaria Mancuso, quest’ultima sorella dei più temuti boss dell’omonimo casato mafioso.

Una pena di molto inferiore rispetto alle richieste avanzate dal pm della Dda, Andrea Mancuso, che infatti aveva invocato un verdetto di 7 anni per le contestazioni di tentata estorsione, lesioni personali con l’aggravante del metodo mafioso.

Ma il magistrato non ha riconosciuto né il primo reato né, tanto meno, l’aggravante a carico dell’imputata, accogliendo, in tal modo, le richieste avanzate dall’avvocato Francesco Capria.

La parte civile, nella persona dell’avvocato Giuseppe De Pace in rappresentanza dei familiari della vittima (la madre Sara Scarpulla e il padre Francesco Vinci), nell’udienza di oggi, su richiesta del giudice di accettare o meno il giudizio abbreviato, ha opposto un rifiuto e di fatto è stata estromessa dal processo.

Sia l’aggressione, del 29 marzo 2014, che le tentate estorsioni alla famiglia Vinci-Scarpulla, secondo la prospettazione accusatoria, sarebbero alla base dell’eclatante attentato che costò la vita a Matteo Vinci e il ferimento del padre Francesco. Nel processo in ordinario sono imputati i due genitori della Di Grillo, la sorella Lucia e il cognato Vito Barbara.

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