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La prefettura di Vibo Valentia

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VIBO VALENTIA – La conclusione dell’indagine Rinascita-Scott (SCOPRI TUTTI I CONTENUTI), oltre a portare nel registro degli indagati i nomi di altre persone – che fa salire la quota definitiva a 479 – apre uno spaccato anche su alcune istituzioni primarie del territorio vibonese, visto che scorrendo i nomi dei soggetti coinvolti vi sono funzionari del tribunale e della Prefettura. È il caso dei fratelli Larobina, originari di Arena, Nicola e Michele – il primo in servizio al giudice di pace, il secondo presso l’Utg – accusati di rivelazione di notizie coperte da segreto istruttorio «in concorso con Renato Iannello, amministratore di fatto ed effettivo dominus della ditta individuale Casanova Costruzioni, formalmente intestata a Rosario Curtosi e Danilo Josè Tripodi, operatore giudiziario in servizio alla segreteria del Tribunale di Vibo».

I fatti contestati dalla Dda di Catanzaro risalgono al 19 novembre del 2019, quindi un mese esatto prima della maxioperazione, e si sarebbero protratti fino al 6 dicembre successivo. Dalle carte emerge dunque che Tripodi contattò il collega Nicola Larobina, per conoscere l’evolversi di una pratica riguardante la società “Casanova Costruzioni”, ancora in una fase istruttoria e in attesa di una comunicazione da parte delle Forze dell’ordine. Larobina avrebbe, pertanto, garantito di interessare una persona per sollecitare l’evasione della pratica che sarebbe state poi evasa, ma «si trova ancora alla firma»; lo stesso indagato raccontò anche che avrebbe tentato di intercedere sulla stessa anche un ispettore in pensione, nonostante tale intervento fosse arrivato soltanto dopo che l’atto era già stata definito, con l’ulteriore precisazione che tutto questo gli era stato riferito dal fratello Michele.

Successivamente sempre Nicola Larobina comunicò all’operatore giudiziario che il documento risultava depositato, ma “doveva ancora controllare se era stato notificato, si trovava sulla scrivania di Bettina quando se ne va alle due te le prendo e la mando… tranquillissimo aspetto solo che se ne va”. 

A distanza di una settimana, Iannello comunicò di non aver ancora ricevuto alcuna notifica e Tripodi rispose assicurando di essersi attivato per avere notizie in merito e che a breve gli avrebbe fatto avere aggiornamenti (“Scusami non mi ero dimenticato; Sto aspettando una risposta; Ti aggiorno”); subito dopo, lo stesso contattò Nicola Larobina, al quale riferì: “Dì a tuo fratello se devono venire loro, a prendere la notifica di quella (inc.le), dice che non gli è arrivato niente, oppure devono aspettare la pec? Solo come funziona adesso materialmente”, confermando «come le notizie sulla pratica di interesse – afferma la Dda – derivassero dal fratello di Larobina»; qualche ora dopo sempre Nicola comunicava che il giorno seguente avrebbero inviato una e-mail di notifica e subito dopo Tripodi riportò quell’informazione a Renato Iannello («Domani mi hanno assicurato che arriverà il decreto sulla pec»), ottenendo i ringraziamenti da parte di quest’ultimo, che li rinnovò anche a distanza di due giorni, ovvero il 6 dicembre del 2019.

«Con l’aggravante – scrivono gli investigatori – di aver commesso il fatto al fine di procurare a Renato Iannello un indebito profitto patrimoniale derivante dalla possibilità di sottrarsi a nuove misure di prevenzione e di evitare provvedimenti ablatori nei confronti della ditta individuale “Casanova Costruzioni (a lui di fatto riconducibile), che poteva altresì beneficiare dell’iscrizione nella lista dei “soggetti fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti ad infiltrazione mafiosa” ed aggiudicarsi appalti di lavori pubblici, tra i quali i lavori di pavimentazione eseguiti presso il Tribunale di Vibo Valentia, sede di via Lacquari. Con l’ulteriore aggravante di aver commesso il fatto anche al fine di occultare il delitto di intestazione fittizia, dal momento che, fungendo Tripodi da interfaccia di Iannello con i terzi, gli consentiva di continuare a non palesare l’effettiva titolarità della ditta Casanova costruzioni».

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