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VIBO VALENTIA – SI possono spalancare scenari interessanti dopo l’arresto dei due coniugi insegnanti di Stefanaconi e il rinvenimento di un antico manoscritto all’interno dei locali dell’Accademia Fidia sita nel piccolo centro. Come evidenziano gli investigatori dell’Arma, che hanno condotto le indagini, e il procuratore capo di Vibo Valentia, Camillo Falvo, la questione potrebbe portare ad un collegamento con ambienti criminali. D’altronde l’entità del rinvenimento farebbe ritenere proprio questo: Otto fucili calibro 12, una mitragliatrice polacca, quattro pistole, due silenziatori, 500 munizioni di vario calibro, giubbotti antiproiettile custoditi dalla coppia, Davide Licata e Rossella Marzano, nella loro abitazione, oggetti che richiamano una loggia massonica vibonese e appunto, denaro per 200mila euro di provenienza sospetta e, nell’accademia, un manoscritto del 1600 appartenuto del Convento francescano di Sant’Antonio di Sulmona e per il quale risulta denunciato per ricettazione il direttore dell’Accademia, nonché padre di Davide Licata.

Ieri intanto, sono stati convalidati dal giudice Francesca Del Vecchio gli arresti della coppia: per il marito (difeso dagli avvocati Francesco Lione e Walter Franzé) è stato confermato il carcere e per la moglie (avv. Franzé e Davide Malvaso) i domiciliari.

Nell’ordinanza il gip, in ordine alla riconducibilità delle armi ai coniugi, evidenzia che sul punto «non vi è alcun dubbio sulla responsabilità degli indagati dal momento che le stesse si trovavano all’interno della proprietà degli arrestati, sapientemente custodite in luoghi a loro noti e nella loro esclusiva disponibilità». E vi sono «gravi indizi di colpevolezza anche sulla questione del denaro che è ragionevole pensare sia di origine delittuosa perché costituente provento per la detenzione delle armi per conto di altri, oppure provento di altra attività connessa al riciclaggio o quanto meno da impiegare per l’autoriciclaggio, ciò anche in considerazione del gatto che gli indagati non hanno fornito una valida giustificazione sulla provenienza della somma che affermano essere il frutto di un rimborso assicurativo allegando una circostanza solo apparentemente credibile ma allo stato priva di concreto riscontro».

Insomma, a parere del gip, le modalità della condotta a carico della coppia denotano «un’allarmante pericolosità dei due soggetti, apparentemente insospettabili, che, alla luce della quantità di armi e denaro e dei giubbotti antiproiettili rinvenuti, hanno presumibilmente connessioni occulte con personaggi di ben più elevata caratura criminale: è ben noto – annota ancora il giudice – infatti come la provincia di Vibo sia caratterizzata da una dilagante e allarmante presenza di armi, spesso clandestine, detenute frequentemente per conto di soggetti legati alla criminalità organizzata anche da individui incensurati, le cui condizioni sociali offrono, a coloro per conto dei quali le stesse sono detenute, l’alta probabilità che tali “insospettabili” non siano attenzionati dalle forze dell’ordine».

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