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Il boss Luigi Mancuso

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VIBO VALENTIA – L’attività investigativa volta all’acquisizione del materiale indiziario, è stata adottata “contra legem e contra Constitutionem”. Ne è sicuro l’avvocato Paride Scinica, del Foro di Palmi, che sulla base di questi presupposti ha chiesto la scarcerazione di Luigi Mancuso, 66 anni, ritenuto al vertice dell’omonima consorteria di Limbadi. Una richiesta di 37 pagine, inoltrata al Tribunale del Riesame di Catanzaro che ha fissato la data della discussione al 5 novembre.

Nella sostanza, il legale di Mancuso – arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Rinascita-Scott”, alla quale fa riferimento l’istanza – ha asserito che l’attività d’indagine posta a carico del proprio assistito ed espletata durante il periodo di irreperibilità dello stesso, «è stata esercitata contro costituzione, in quanto il Mancuso era sorvegliato speciale e gli investigatori pur osservandolo attraverso i sistemi di video sorveglianza e pertanto sapendo ove si trovava non l’hanno arrestato. Ebbene – rileva ancora il legale – il mancato arresto di un sorvegliato speciale», poi nel caso del Mancuso considerato pericoloso dalla magistratura, ha «provocato una lesione del diritto alla sicurezza di ogni cittadino, lasciando libero l’indagato per un discontinuo monitoraggio durante l’attività d’indagine espletata durante l’irreperibilità dello stesso».

L’avvocato Scinica riporta la decisione assunta dalla Cassazione nei confronti del proprio cliente: «Per gli Ermellini, l’accertata appartenenza ad una associazione mafiosa del Mancuso, con un ruolo di direzione ed organizzazione, giustificava il riconoscimento di una latente e permanente “pericolosità sociale”, che non necessitava di dimostrazione. Dunque, è palese come, Mancuso Luigi, doveva essere arrestato tutte quelle volte in cui a far data dal 26 giugno 2014, era doveroso, obbligatorio e necessario farlo, a tutela della sicurezza pubblica».

Pertanto i giudici di Catanzaro dovranno decidere se scarcerare il boss di Limbadi, «perché gli atti d’indagine a questo punto sarebbero inutilizzabili per essere stati raccolti contro i principi costituzionali e pertanto non sussisterebbero più indizi cautelari per tenere ristretto il Mancuso»; in alternativa il Tdl potrebbe essere chiamato a rimettere la questione alla Corte Costituzionale: «Ed invero – conclude l’avvocato Scinica – se l’art. 273, comma 2, del Codice di procedura penale consentisse che un soggetto subisca l’applicazione di una misura cautelare anche nel caso in cui gli indizi siano il frutto di attività compiute in dispregio dei fondamentali diritti del cittadino, e segnatamente quello alla sicurezza, lo stesso si porrebbe in contrasto con la Costituzione, alla luce dei parametri evocati».

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