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La Corte di Cassazione

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Black Widows, la Cassazione annulla, per i 7 imputati cade l’aggravante mafiosa al clan Emanuele, definitiva però la responsabilità sulle accuse ma le pene andranno riviste

SORIANO (VIBO VALENTIA) – Nuovo giudizio d’appello relativamente all’aggravante mafiosa per i sette imputati tutti di Sorianello nel processo scaturito dall’operazione antimafia denominata “Black Widows” che mirava, fra l’altro, a far luce sul tentato omicidio di Giovanni Nesci e dell’allora fratello dodicenne (affetto dalla sindrome di down), commesso il 28 luglio 2017, e di un ulteriore analogo episodio.

La Suprema Corte di Cassazione, infatti, nell’ambito del processo Black Widows pur confermando la responsabilità penale degli interessati in ordine alle contestazioni mosse nei loro confronti, ha accolto il ricorso delle difese disponendo l’annullamento con rinvio ad altra sezione dei giudici d’Appello di Catanzaro per tutti gli imputati che adesso potranno quindi vedersi rideterminare sensibilmente le pene inflitte nel precedente giudizio proprio in virtù della caduta dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa del clan Emanuele.

Le pene inflitte in Appello il 21 settembre 2020, erano state le seguenti: Rosa Inzillo, 5 anni e 8 mesi e 9mila euro di multa; Viola Inzillo, 6 anni e 10.300 euro di multa; Michele Nardo, 5 e 8 mesi e 9mila euro di multa; Salvatore Emmanuele e Ferdinando Bartone, 4 anni e 8mila euro di multa; Teresa Inzillo due anni e 4mila euro di multa; Maria Rosa Battaglia, 10 mesi e 20 giorni e 4mila euro di multa. In quella sede, la Corte aveva pronunciato verdetto di assoluzione – divenuta poi definitiva in virtù del mancato ricorso della Procura generale presso i magistrati del Palazzaccio – a carico di Vincenzo Cocciolo, Antonio Farina, Domenico Inzillo, Gaetano Muller e Michele Idà.

In primo grado, davanti al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, l’aggravante mafiosa aveva retto, tuttavia erano cadute le due contestazioni legate ai tentativi omicidiari mentre erano rimaste in piedi quelle legate alle armi. Quel segmento processuale si era chiuso con 7 condanne e cinque assoluzioni.

Per la pubblica accusa, Rosa Inzillo e Michele Nardo avrebbero avuto il ruolo di concorrenti morali del fatto di sangue, quali istigatori ed organizzatori del progetto omicidiario, mentre Antonio Farina e Bruno Lazzaro (ucciso successivamente dal cugino Gaetano Muller) sarebbero stati gli esecutori materiali. Nello specifico, questi ultimi due, su mandato della Inzillo e di Nardo, si sarebbero posizionati nella tarda serata del 28 luglio 2017 in uno stabile disabitato di Sorianello, di fronte all’abitazione delle persone offese attendendone il rientro ed esplodendo contro di loro numerosi colpi di fucile calibro 12 e 9 colpi di pistola calibro 9.

Altre accuse, contestate a vario titolo, erano relative a detenzione e porto illegale di armi, e di aver ostacolato l’identificazione della provenienza delittuosa di un’autovettura Fiat Punto (per via dell’assenza del numero di telaio), rinvenuta e sequestrata in data 23 gennaio 2018.

Il collegio di difesa era costituito dagli avvocati Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino, Francesco Sorrentino, Nazzareno Latassa, Nicola Cantafora, Francesco Montali, Marcello Scarmato e Pamela Tassone che ha redatto il ricorso per la posizione di Bartone, assistito unitamente ai colleghi Cantafora e Montali.

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