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Il Residence Sayonara

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48 indagati, 4 fermi e oltre 11 milioni di beni sequestrati, questo il bilancio del blitz contro la ‘ndrangheta della finanza nel Vibonese

NICOTERA (VIBO VALENTIA) – Blitz dei militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, con la collaborazione del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) nel Vibonese.

Le fiamme gialle hanno eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, nei confronti di 4 indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento alla latitanza. I quattro fermati sono Assunto Natale Megna (nato a Nicotera il 18.12.1958), Francesco Mancuso alias Bandera (nato a Vibo Valentia il 05.10.1971), Paolo Mercurio (nato a Marcellinara il 23.10.1978) e Domenico Cupitò (nato a Nicotera il 4.5.1959).

Contestualmente hanno eseguito il sequestro preventivo d’urgenza di beni per oltre 11,5 milioni di euro. Si tratta di fabbricati, terreni, quote di partecipazione, complessi aziendali, ditte individuali e autoveicoli. Tra le strutture sequestrate spicca il residence Sayonara di Nicotera, teatro in passato di importanti summit tra cosche. Nell’ambito dell’operazione sono state effettuate perquisizioni locali e personali nei confronti dei soggetti fermati. Perquisizioni anche per altri 14 indagati dell’inchiesta che complessivamente ne conta 48 per vari reati tra cui anche, per alcuni, concorso in associazione mafiosa.

I provvedimenti costituiscono l’epilogo di una complessa indagine svolta dagli specialisti del Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro. I decreti eseguiti nelle province di Vibo Valentia, Catanzaro, Reggio Calabria, Milano e Catania hanno richiesto l’impiego di oltre 100 finanzieri. Inoltre hanno preso parte al blitz unità Antiterrorismo e Pronto Impiego e della componente aerea del Corpo.

Grazie alle indagini svolte, i finanzieri coordinati dalla procura diretta dal procuratore Nicola Gratteri, hanno delineato una presunta gravità indiziaria. Gravità indiziaria che dovrà ovviamente essere accertata in sede processuale. Gli inquirenti hanno evidenziato “la sussistenza di un gruppo criminale, riconducibile ad una consorteria operante nella provincia vibonese”. Questo gruppo criminale “avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà sussistenti nel citato territorio, aveva acquisito il controllo di fatto di alcune note strutture turistico-alberghiere”.

Un controllo così profondo “da condizionarne la gestione, soprattutto – spiega la Finanza – nella individuazione dei fornitori di beni e servizi nonché del personale da assumere”. La rilevanza delle aziende sequestrate “è testimoniata da diversi collaboratori di giustizia”. Questi, proseguono i militari “nel corso degli anni, hanno riferito di uno o più incontri avvenuti in questi alberghi”. Anche “dopo gli attentati in cui persero la vita i magistrati siciliani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”.

Incontri di enorme rilevanza nella storia criminale della Calabria e dell’Italia intera visto che erano summit “durante i quali esponenti siciliani di “Cosa Nostra” avrebbero proposto alla ‘ndrangheta calabrese l’adesione alla “c.d. strategia stragista” portata avanti in quel periodo”. Le indagini hanno consentito, inoltre, “di ipotizzare che uno dei destinatari del provvedimento di fermo abbia favorito la latitanza di un pericoloso appartenente ad una nota cosca di ‘ndrangheta del reggino”.

“Il sequestro dei patrimoni illeciti – conclude il testo informativo diramato dalla Finanza – assume anche un valore “sociale”. Poiché consente di restituire alla collettività le ricchezze accumulate dalla criminalità organizzata”.

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