X
<
>

La sede Asp di Vibo Valentia

Condividi:
4 minuti per la lettura

Un quadro desolante e inquietante quello che emerge dal secondo step dell’inchiesta Maestrale-Carthago in relazione all’Asp di Vibo che appare “asservita alla criminalità”

VIBO VALENTIA – Come emerso nella precedente indagine, anche in questa seconda tranche di Maestrale-Carthago viene ribadito il dato di una Azienda Sanitaria vibonese totalmente asservita ai desiderata della criminalità locale. Ed infatti anche da questo sgomento investigativo vengono riportati gli “strettissimi collegamenti tra alcuni pubblici funzionari ed esponenti della ’ndrangheta. In particolare all’interno dell’Asp tali relazioni hanno determinato il condizionamento delle attività dell’ente pubblico per perseguire interessi privati e mafiosi”.

L’attenzione della Dda si focalizza sulla figura dell’ex dirigente del Dipartimento di Prevenzione, Cesare Pasqua. Pasqua è ritenuto legato a Luigi Mancuso ed alla locale di Limbadi. Questo gli investigatori lo ricavano anche da una conversazione del 2018 nel corso di una cena tra Michelangelo Miceli (Direttore Sanitario dell’Asp), Michelangelo Mirabello (allora Consigliere Regionale e Presidente della Commissione Sanità) e Bruno Censore (ex Deputato della Repubblica), nessuno di loro indagato in questa operazione. I quali hanno parlato del problema dello scioglimento dell’Asp causato dalla presenza di Pasqua e dai suoi collegamenti con la criminalità organizzata.

“Massara e Pasqua sono stati i soggetti che hanno fatto sciogliere l’Asp… La faranno sciogliere un’altra volta… No no… all’indomani… all’indomani di quando sono arrivati i commissari antimafia i primi che hanno cacciato sono stati loro due”.

OPERAZIONE MAESTRALE, PER LA PROCURA L’ASP DI VIBO APPARE ASSERVITA ALLA CRIMINALITÀ

Nel corso di un’altra cena tra Benito Monteleone, Michelangelo Mirabello, Michelangelo Miceli, Bruno Censore, Vincenzo Insardà, Bianca Tropepi e Anna Maria Rizzo (anche in questo caso nessuno di questi risulta indagato nella presente inchiesta) sono emerse altre conversazioni. Dialoghi considerati “rilevanti ai fini della dimostrazione dei collegamenti di Pasqua con la criminalità organizzata e della sua influenza all’interno dell’Asp in qualità di dirigente del Servizio di Prevenzione.

Scrivono al riguardo gli investigatori dell’Arma di Vibo: “In tale cena, emerge un’allarmante quadro che vede le scelte operate all’interno dell’Asp strettamente connesse ad una logica clientelare e nettamente schierata con la frangia politica di cui Michelangelo Miceli è interlocutore e strettamente dipendente. La cena prende inizio con il direttore sanitario che spiega di aver rimosso dall’incarico il vecchio responsabile del reparto di Ortopedia dell’ospedale di Vibo Valentia, in favore della dottoressa Maria Grazia Grillo, riferendo altresì che quest’ultima è molto più capace di chi ricopriva precedentemente quell’incarico”.

La conversazione prosegue con Miceli che informa i presenti dei problemi generati dalla chiusura dei punti cottura per i nosocomi di Vibo Valentia, Tropea e Serra San Bruno. Riferendo però di essere riuscito a garantire i pasti ai degenti, proprio “attraverso l’utilizzo dei punti cottura della società di Domenico Colloca (indagato nella prima inchiesta)”.

LO SCONTRO IN DIREZIONE E LA SOSPENSIONE DI PASQUA CON LA RAPIDA REINTEGRAZIONE

Ma racconta anche dello scontro sorto in direzione sanitaria tra Pasqua, lui e l’allora Dg aziendale Angela Caligiuri, a seguito di un esposto pervenuto sul conto di Pasqua. Trattato congiuntamente dagli altri due, ed inoltrato al dirigente dell’ufficio risorse umane, al direttore amministrativo, al direttore contabile e successivamente all’ufficio personale che provvedeva a sospendere l’ex capo del dipartimento di prevenzione bloccandogli anche lo stipendio.

Quest’ultimo ufficio, a distanza di un mese, avrebbe dato un parere totalmente opposto a quanto emesso in precedenza reintegrando il dirigente che, “ben consapevole di arrecare un danno non indifferente all’Azienda sanitaria, procedeva alla chiusura dei punti cottura, al fine di agevolare Gianfranco Ferrante, ex titolare del “Cin Cin Bar” e imputato nel processo Rinascita-Scott per associazione mafiosa quale partecipe della Locale di ‘ndrangheta di Limbadi e sodale di fiducia di Luigi Mancuso”.

I PRESUNTI RAPPORTI CON LA CRIMINALITÀ CONTESTATI A PASQUA

Ma non solo i presunti rapporti con il clan di Limbadi, la procura contesta a Cesare Pasqua anche quelli con la cosca Fiarè per come emersi anche da una conversazione tra Francesco Fiarè e i fratelli Giuseppe e Antonio D’Amico (entrambi imputati del delitto di associazione mafiosa nell’ambito del procedimento Petrolmafie) avente ad oggetto una pratica amministrativa relativa all’apertura di un frantoio.

Ulteriori, presunti, legami tra l’ex dirigente e la criminalità organizzata emergono, infine, anche dai fatti, cristallizzati nelle conversazioni con Domenico Colloca e Gregorio Coscarella (ritenuti entrambi esponenti della ‘ndrangheta di Mileto) aventi ad oggetto la promessa di voti per il figlio del Pasqua candidato per le elezioni regionali in cambio dell’omissione di controlli sulle aziende dell’imprenditore Colloca impegnate nelle mense ospedaliere. In tali dialoghi lo stesso Pasqua si autodefinisce “uomo d’onore”.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE