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“Operazione Maestrale-Carthago”, le decisioni del gup distrettuale rinviati a giudizio 188 imputati, altri 91 scelgono il processo con rito abbreviato

VIBO VALENTIA – Si divide in quattro tronconi il procedimento “Maestrale-Olimpo-Imperium” che vede indagate quasi 300 persone tra presunti boss e gregari della criminalità vibonese, appartenenti alle forze dell’ordine, avvocati, liberi professionisti, personalità politiche, imprenditori.

È l’effetto delle decisioni adottate dal gup distrettuale Agosteo su chi ha optato per il rito ordinario, chi per l’abbreviato e chi invece è andato in Corte d’Assise. Per quanto concerne il primo, il processo che si terrà a Vibo inizierà il prossimo 11 marzo; il secondo il 12 febbraio, mentre il terzo il 14 marzo, questi ultimi due a Catanzaro. Alla fine in 188 sosterranno il dibattimento in ordinario, 91 in abbreviato.

OPERAZIONE MAESTRALE, SONO 188 I RINVIATI A GIUDIZIO, 91 INVECE SCELGONO L’ABBREVIATO

Nel ginepraio dei nomi degli imputati si possono comunque ricavare alcune conclusioni. Intanto tra chi è stato ammesso a sostenere il rito abbreviato figura l’avvocato Francesco Sabatino (accusato di concorso esterno in associazione mafiosa) unitamente al collega Giacomo Franzoni. A loro si aggiungono Nino Accorinti, presunto boss di Briatico, Salvatore Morelli, alias “L’americano”, i fratelli Francesco e Tonino La Rosa, considerati a capo dell’omonimo clan di Tropea, Nazzareno Prostamo di Mileto, unitamente ad altri suoi cognomonimi, tutti ritenuto appartenenti all’omonima ndrina di san Giovanni di Mileto; e ancora l’ex presidente della provincia, Andrea Niglia e i collaboratori di giustizia Antonio Accorinti (figlio di Nino), Onofrio Barbieri di Sant’Onofrio, ex azionista della cosca Bonavota e Pasquale Alessandro Megna, di Nicotera, collegato al clan Mancuso di Limbadi.

E ancora Domenico Colloca (imprenditore ed ex consigliere di Mileto). Decisione differente (come fu anche in Rinascita-Scott) per un altro pentito, Andrea Mantella, ex boss scissionista di Vibo.
Altri gli imputati “eccellenti” che, invece, hanno optato per il giudizio ordinario: Cesare Pasqua (ex dirigente del dipartimento di prevenzione dell’Asp di Vibo), Francesco Massara (dirigente del servizio veterinario sempre dell’Asp vibonese), i presunti boss Luigi, Pantaleone (“Scarpuni”), Diego e Antonio Mancuso, Giuseppe Antonio Accorinti (considerato il boss della Locale di Zungri), Vincenzo Barba (a capo del sodalizio di Vibo), Michele Barbieri (vertice del clan di Mileto) insieme ad altri presunti componenti del sodalizio (Domenico, Fortunato, Armando, Rocco e altri), i fratelli Egidio e Carmine Il Grande (a capo della ’ndrina di Parghelia), i vari Pasquale, Rocco e Salvatore Pititto (esponenti della consorteria di Mileto), i vari Mesiano (Pasquale, Paolo, Saverio, Francesco, Fortunato, Antonio, anche loro di Mileto) e Domenico Bonavota (a capo dell’ala militare dell’omonimo clan di Sant’Onofrio).

TRA I RINVIATI A GIUDIZIO ANCHE L’EX PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE DI NATUZZA PASQUALE ANASTASI

A giudizio inoltre l’ex direttore generale del Dipartimento Turismo della Regione Calabria Pasquale Anastasi, accusato di traffico di influenze illecite aggravato dalle modalità mafiose; Rodolfo Bova, ex capo struttura del Dipartimento Turismo della Regione, Saveria Angiò (impiegata della Prefettura di Vibo, e cognata del boss di Tropea, Antonio La Rosa), Maria Vittoria Errigo (nutrizionista dell’Asp di Vibo); gli avvocati di Vibo Azzurra Pelaggi e Daniela Garisto, il sindacalista Gianfranco La Torre; il medico legale Alfonso Luciano; l’ex assessore regionale Francescantonio Stillitani e il fratello imprenditore Emanuele. In Corte d’assise, per il concorso nell’omicidio dell’imprenditrice Maria Chindamo (2016), invece va Salvatore Ascone, di Nicotera, mentre per l’uccisione di Angelo Corigliano (avvenuta nel 2013) si aprirà un altro filone a carico di Domenico Iannello, Giuseppe Mazzitelli e Salvatore Pititto, tutti di Mileto.

Disposto il non luogo a procedere, invece, per Domenico Ievoli, Giuseppe Tulino e Giovanni Ziliani, mentre a carico di Domenico Antonio Prestia e Felici Arcella atti trasmessi alla Procura.

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