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La Corte d'Appello di Catanzaro

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VIBO VALENTIA – Cambia il grado di giudizio, ma non l’esito per i tre imputati: la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ha infatti assolto non aver commesso il fatto Emilio Antonio Bartolotta, 46 anni, la moglie Annunziata Foti, 47 anni, e Francesco Calafati, 47 anni, tutti di Stefanaconi, dall’accusa di omicidio di Antonino Lopreiato, alias “Ninu u murizzu”, avvenuto la sera dell’8 aprile 2008, a Stefanaconi, nell’ambito della guerra tra opposte fazioni criminali operanti nel piccolo borgo limitrofo a Vibo Valentia. Accuse cadute anche per la collaboratrice di giustizia Loredana Patania.

Confermato, dunque, il verdetto di primo grado emesso nell’ottobre del 2020. La procura generale, così come aveva fatto a suo tempo li pm della Dda di Catanzaro, aveva chiesto la condanna all’ergastolo per i primi tre imputati ma le accuse, come detto, non hanno retto al vaglio della Corte presieduta dal giudice Maria Gabriella Reillo (consigliere Domenico Commodaro) e da quelli popolari. Pienamente accolte quindi le argomentazioni difensive degli avvocati Salvatore Staiano per Bartolotta, Marinella Chiarella per Foti e Sergio Rotundo per Calafati.

Nessun colpevole, dunque, neppure in Appello, per l’omicidio di Lopreiato il cui delitto, in base alla ricostruzione accusatoria, sarebbe maturato, come detto, nell’ambito di uno scontro fra il clan Lopreiato-Patania (identificato come la vecchia “società maggiore” di Stefanaconi) e un nuovo gruppo criminale, vicino ai Bonavota di Sant’Onofrio, nato nel 2007 a Stefanaconi attorno alle figure di Bartolotta e Calafati. Lo Preiato fu ucciso mentre si trovava nella sua Fiat Panda alla periferia di Stefanaconi. Ma oltre questo, e in base alle dichiarazioni rese dai vari collaboratori di giustizia, il delitto sarebbe avvenuto anche per altri motivi e sarebbe intrecciato con la scomparsa di Michele Penna, del 19 settembre del 2007.

Secondo l’accusa, Lopreiato era ritenuto da Bartolotta e Calafati fra gli autori della scomparsa per “lupara bianca” del 31enne Salvatore Foti – risalente al 14 dicembre 2007- e si sarebbe inoltre attivato per ritrovare il cadavere di Penna, all’epoca segretario cittadino dell’Udc di Stefanaconi, ritenuto esponente emergenze del gruppo criminale locale. Le indagini aveva portato in un primo momento a ritenere tra gli autori del delitto anche Francesco Scrugli, braccio destro dell’ex boss emergente di Vibo, Andrea Mantella, ucciso a Vibo Marina nel 2012 nell’ambito della faida tra i piscopisani – del quale faceva parte – e i Patania di Stefanaconi, e Rosario Battaglia, esponente di spicco del primo sodalizio criminale. Tuttavia, quelle accuse mosse dalla collaboratrice Patania non avevano trovato riscontro in quanto Scrugli il giorno dell’omicidio si trovava in carcere mentre Battaglia era stato scagionato successivamente dalle dichiarazioni fornite da un altro pentito: Raffaele Moscato, ex sicario dei Piscopisani.

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