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L'omicidio di Davide Fortuna in spiaggia a Vibo Marina

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VIBO VALENTIA – Tra gli omicidi al centro dell’indagine che ha portato al blitz con 14 arresti nel Vibonese, un omicidio, quello di Davide Fortuna, aveva fatto scalpore per le modalità, simili per certi versi a quello di Michele Palumbo. Siamo nell’estate del 2012. Quell’anno, tra Vibo Marina, Piscopio e Stefanaconi imperversa una sanguinosa faida che ha già lasciato cadaveri sul campo. Quello che si verifica il pomeriggio del 6 luglio sarà l’ultimo omicidio di quella guerra totale tra Patania e Piscopisani. Davide Fortuna, allora 31 enne, si trova in spiaggia con i figli e la moglie e altri congiunti. È sotto l’ombrellone. Ad un certo punto si avvicina un individuo che pronuncia il suo nome: “Sei tu Davide Fortuna?”. Questi gli risponde affermativamente immediatamente dopo viene colpito dai proiettili della pistola che quello sconosciuto impugnava.

CHI ERA IL KILLER AUTORE DELL’OMICIDIO DI DAVIDE FORTUNA

Quello sconosciuto era un killer slovacco al soldo dei Patania. Si chiamava Vasvi Beluli, ma tutti lo chiamavano “Jimmy”. Fu lui a premere il grilletto quel giorno e successivamente, quando iniziò a collaborare con la giustizia dopo l’arresto nell’operazione “Gringia” a raccontare quei momenti che avevano posto fine alla vita di Fortuna, ritenuto esponente delle nuove leve del crimine dei piscopisani, coinvolto nell’omicidio di Fortunato Patania, capofamiglia del clan.  “Jimmy” raccontava all’allora sostituto procuratore della Dda, Camillo Falvo, che due giorni prima del delitto, forse il più cruento di tutta la faida, aveva «domandato a Giuseppe Comito (anche lui in seguito pentito, ndr) se stesse Fortuna insieme alla famiglia in spiaggia ma mi rispose di no. Solo quando fui davanti a lui capì che era bugia».

Quando il killer giunse infatti a pochi passi dalla vittima che si stava rilassando sotto l’ombrellone, pronunciò il suo nome e, quando questa si girò e rispose di sì, aprì il fuoco davanti alla consorte e ai figli piccoli, con la folla che cercava riparo: «Dopo averlo ucciso, la moglie della vittima mi inseguì, al che le dissi: “Signora, non ti voglio ferire, allontanati”, e lei se ne andò». Beluli quel giorno si trovava con un altro imputato in “Gringia”, Sebastiano Malavenda.

LE RIVELAZIONI DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA SULL’OMICIDIO DI DAVIDE FORTUNA

Sull’episodio anche un altro collaboratore aveva rivelato alcune circostanze: Nicola Figliuzzi, ex azionista dei Patania e poi dei Loielo. Questi confermò gli autori: “A commetterlo furono Malavenda e Beluli; il primo arrivò per il tramite di Callea e, dopo l’omicidio, Giuseppe e Salvatore Patania mi diedero duemila euro da portare a Gallico da Malavenda stesso che la sera prima ero andato a prendere con Giuseppe Bono (altro pentito, ndr) all’uscita dell’autostrada, a Pizzo, portandolo nella casa messa a disposizione dei Patania».

A segnalare ai killer la presenza di Fortuna «fu Giuseppe Comito, uomo di “Scarpuni” mentre Francesco Alessandria credo faccia parte dei Loielo in quanto coinvolto nella faida delle Preserre», aggiungendo che gli appostamenti ai rivali Rosario Battaglia e Raffaele Moscato, «venivano effettuati da Giuseppe Comito e Francesco Alessandria presso il quale lavoravo e fu lui a dirmi che li avevano trovati tutti e due, più Scrugli».

MOSCATO E IL RUOLO DI GIUSEPPE COMITO

Era stato un altro pentito, Raffaele Moscato, a tratteggiare ulteriormente la vicenda affermando che quel delitto era avvenuto «perché se l’è venduto Giuseppe Comito con Pantaleone Mancuso “Scarpuni”. Questi non muoveva un passo senza Nazzareno Colace che è vicinissimo a “Scarpuni”. La casa di Comito affaccia sulla spiaggia dove avvenne il delitto. Quel giorno la fidanzata di Rosario Battaglia ha preso i bambini di Davide per scappare, è andata a casa di Comito e, nonostante fossero all’interno, non hanno aperto la porta.
La sua baracca era in una posizione strategica per essere usata come base per l’omicidio di Scrugli ed il tentato omicidio mio e di Battaglia poiché posizionata a circa 500 metri dalla casa di Fortuna, in una zona buia e senza telecamere, con la possibilità di fuga dalla spiaggia… Colace aveva detto a un tale Giuseppe Comito di sorvegliarci. E infatti quando ci fu l’omicidio di Fortuna, la ragazza di Battaglia che era in spiaggia prese i bambini di Fortuna e si allontanò, andando a chiedere rifugio proprio nella casa di Comito che era a 10 metri dalla nostra di via Arenile, luogo dell’agguato di marzo (a Francesco Scrugli, ndr). E Comito le chiuse la porta in faccia».

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