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CATANZARO – «Abbiamo concluso un lavoro di squadra, importante che è andato avanti nel corso del tempo e che ha colpito la costellazione dei Mancuso».

Parola del procuratore capo di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo. E aggiunge il Procuratore aggiunto di Catanzaro Giuseppe Borrelli: «Il lavoro non è ancora terminato». Perché, adesso, il prossimo obiettivo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro è quello di individuare i rapporti con il mondo della politica e dei professionisti. Perché, hanno spiegato ancora, «i Mancuso non si fermano davanti a nulla. I Mancuso non intervengono in campagna elettorale, ne sono protagonisti».

All’operazione ha partecipato anche la Guardia di finanza di Trieste. Proprio in una banca friulana gli uomini della cosca avevano inviato diverse somme di denaro che a breve sarebbero state investite in quell’area del Paese per essere riciclate. I dettagli sono emersi durante la conferenza stampa che si è tenuta oggi nella sala delle conferenze della Prefettura di Catanzaro.

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Assieme ai procuratori catanzaresi anche tutti i dirigenti delle forze dell’ordine (Polizia e Squadra Mobile, Guardia di finanza di Catanzaro e Trieste, Gico, carabinieri del Ros) che hanno lavorato per anni e per mesi con il fiato sul collo della cosca Mancuso. «Un’indagine molto complessa» ha spiegato in conferenza il Procuratore Lombardo che ha ricordato la genesi e l’evoluzione della cosca Mancuso nel territorio di Vibonese. Presente alla conferenza anche il Procuratore della direzione nazionale antimafia Vittoria De Simone: «La mia presenza qui testimonia l’apprezzamento per il lavoro svolto e che la Dda di Catanzaro sta continuando a svolgere sul territorio del Vibonese. È stato acquisito tanto materiale investigativo e grazie al lavoro delle forze dell’ordine e dei magistrati si è riuscito a ricostruire tutto il contesto assieme ai rapporti della cosca Mancuso con il settore imprenditoriale, commerciale ed economico». È toccato poi al Procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli ricostruire la vicenda.

«L’impegno della Dda di Catanzaro è massimo rispetto a tutto il territorio di competenza – ha rimarcato Borrelli – e gli ottimi risultati raggiunti uno dopo l’altro lo testimoniano con i fatti. È importante che questo si comprenda a fondo, perchè tutti sappiano che la giustizia non fa sconti a nessuno. È una garanzia per i cittadini, tutti, in ogni angolo della regione». Borrelli ha ripercorso il contesto in cui si è indagato per mesi e soprattutto ha spiegato come «il provvedimento si è reso necessario considerata l’attività di delegittimazione che si stava portando avanti contro diversi esponenti delle forze dell’ordine. Adesso abbiamo colpito la parte “nera” adesso l’attenzione sarà portata avanti per contestualizzare i rapporti con i politici e con i professionisti». Anche perché da alcune intercettazioni telefoniche sarebbe emerso anche l’interesse delle cosche verso alcune delle elezioni amministrative che hanno portato al rinnovo dei Consigli comunali. Per questo motivo Un lavoro ha tenuto a precisare Borrelli che è possibile grazie al fare «squadra» portata avanti dai sostituti procuratori in servizio a Catanzaro.

Oltre al Procuratore Lombardo e all’aggiunto Borrelli le indagini sono state coordinate anche dai sostituti procuratori Pierpaolo Bruni e Simona Rossi e al sostituto procuratore generale Marisa Manzini (già firmataria di molte inchieste sul clan Mancuso quando era in servizio alla Dda). Nella conferenza sono emersi poi anche alcuni episodi che sono alla base delle indagini e che sono significati del ruolo della cosca. Vittima dell’episodio un imprenditore a cui erano stati prestati 8 mila euro e solo dopo poche settimane ne avrebbe dovuto restituire 20 mila. Ma in quel momento la vittima non poteva saldare il debito. Per questo motivo fu prelevato, portato in campagna e legato a un albero. Lì rimase fino alla mattina quando, secondo la ricostruzione dell’accusa, il fratello portò i soldi.

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