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VIBO VALENTIA – La cosca della ‘ndrangheta dei Patania di Stefanaconi aveva il potere assoluto sulla gestione di alcune processioni religiose. E’ quanto emerge dal provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro contro 11 esponenti della cosca (LEGGI L’ARTICOLO SULL’OPERAZIONE). A raccontare l’influenza della cosca sulle funzioni religiose è la collaboratrice di giustizia Loredana Patania le cui dichiarazioni sono state raccolte dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Simona Rossi.

A Stefanaconi, la mattina del giorno di Pasqua, si svolge la processione de “l’Affruntata”, la sacra rappresentazione della rivelazione del Cristo alla Madonna dopo la resurrezione. Nella processione c’è la statua di San Giovanni che, nell’ immaginario collettivo e nella ricostruzione degli inquirenti, simboleggia la «detenzione del potere mafioso». Il boss Fortunato Patania, ritenuto a capo dell’omonima cosca, ucciso nel settembre del 2011 nella faida tra cosche della ‘ndrangheta vibonesi, avrebbe sempre finanziato la processione decidendo chi erano coloro che doveva portare a spalle la statua di San Giovanni che appunto rappresentava il potere dell’organizzazione criminale. 

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La Dda di Catanzaro ha raccolto i filmati delle processioni del 2009 e del 2010 dalle quali si evince che le nuove leve ed i vertici della cosca avevano il «potere assoluto – sostengono i magistrati – sul trasporto della statua di San Giovanni».
 
L’attenzione del clan verso le feste religiose era ossessiva. Al punto che, secondo le indagini, Fortunato Patania, boss dell’omonima cosca ucciso nel settembre del 2011, avrebbe minacciato il parroco della chiesa della frazione Sant’Angelo di Gerocarne (Vibo Valentia) in occasione della festa di Sant’Antonio: «Non mi toccate la festa sennò ve la facciamo pagare». 

La frase è riportata nel decreto di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro nei confronti di undici persone. Nel 2011, prima che Patania fosse ucciso, il parroco della chiesa decise di cambiare le modalità di svolgimento della festa e della processione della festa di Sant’Antonio. La decisione del sacerdote scatenò i malumori del boss della cosca il quale era stato, in passato, colui che decideva e gestiva l’organizzazione della festa. Il parroco subì così un’intimidazione, con il taglio dei pneumatici della sua automobile. Successivamente Fortunato Patania, insieme ad altri esponenti della cosca, si presentò dal parroco, secondo la Dda di Catanzaro, con fare minaccioso pronunciando la frase: «non mi toccate la festa sennò ve la facciamo pagare». I Patania, in particolare, avevano il controllo assoluto del comitato per i festeggiamenti e la stessa cosca decideva l’itinerario che doveva percorrere la statua di Sant’Antonio in occasione della processione.

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