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Un'ambulanza

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ROMBIOLO (VIBO VALENTIA) – Forse con un pizzico di attenzione in più e un sistema sanitario migliore si sarebbe salvata. Questo non lo sapremo mai. Resta, comunque, il fatto che per il marito di Concetta Trungadi, Ferdinando Malagreca (ex dipendente comunale in pensione), la donna è stata «l’ennesima vittima di malasanità».

Concetta Trungardi

Quello di Concetta è un calvario che vale la pena raccontare affinché situazioni del genere non abbiano più a verificarsi.

La signora Concetta aveva 78 anni e soffriva di pancreatite e obesità. Acciacchi che, comunque e sebbene tra mille difficoltà, le consentivano di condurre una vita normale. Almeno fino ad un mese fa.

La tragedia, infatti, si è consumata la sera del 28 settembre scorso. Ecco il racconto del compagno di una vita. «Nel pomeriggio – ha esordito Ferdinando Malagreca – ha accusato dei forti dolori all’addome. Pertanto, ho chiamato il medico curante che è venuto a visitarla a domicilio e le ha ordinato un antidolorifico. In serata, però, il dolore persisteva. Quindi, ho contattato il 118. Dalla centrale mi hanno suggerito, con mio sommo dispiacere, di accompagnarla io con l’auto in ospedale. Al che ho fatto presente all’operatore che la paziente era dolorante ed essendo obesa il trasporto con mezzi propri era problematico».

A questo punto l’operatore del 118 ha mandato sul posto il dottore della guardia medica: «Questi ha visitato mia mia moglie e ha ritenuto opportuno somministrarle un altro antidolorifico, raccomandando, qualora il fastidio non fosse scomparso, verso all’una di notte di farle anche un Toradol».

E siamo alla mattina del 29, secondo giorno di “martirio”: «Mi sono recato nuovamente alla guardia medica e ho pregato il dottore di venire, ancora una volta, a casa per un controllo, in quanto Concetta stava progressivamente peggiorando. Le è stato, quindi, somministrato il quarto antidolorifico. Durante il giorno sembrava ci fossero stati dei miglioramenti.

La sera, alle ore 21, il quadro clinico è, però, peggiorato, al punto da indurmi a contattare nuovamente il 118». E qui l’amara sorpresa: «Non c’erano ambulanze a disposizione. L’unica che poteva intervenire doveva arrivare da Serra San Bruno e l’attesa sarebbe stata di circa due ore. Sicché mi sono rivolto ad una ambulanza privata con la quale ho accompagnato mia moglie allo “Jazzolino” di Vibo Valentia».

Infine, il drammatico epilogo: «Alle 5 del 30 settembre mi è stato comunicato il decesso. Mia moglie non c’era più. Il suo cuore aveva cessato di battere». Fin qui la cronaca degli avvenimenti, che inevitabilmente fa spazio a delle riflessioni di un uomo affranto da un dolore e da una perdita improvvisa e inaspettata.

«Nessuno mi toglierà mai dalla testa – ha chiosato Malagreca – che mia moglie poteva essere salvata se ci fosse stato un diverso coordinamento tra 118 e guardia medica. Non è mia intenzione muovere accuse a chicchessia, ma è mio diritto criticare un sistema a mio avviso scarsamente funzionante. Per quanto mi riguarda, mia moglie è stata uccisa dalla malasanità e voglio essere sincero fino in fondo: non ho presentato denuncia alla Procura per due semplici motivi. Il primo: nessuna inchiesta giudiziaria mi restituirebbe la compagna. Il secondo: non avrei mai accettato che il suo corpo venisse sottoposto ad autopsia. Mi auguro – sono le conclusioni – solo che il suo “sacrificio” non sia stato vano, in modo da essere un monito per il futuro».

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