X
<
>

Enzo Romeo

INDICE DEI CONTENUTI

Condividi:
8 minuti per la lettura

Elezioni Comunali a Vibo, intervista a Enzo Romeo, proposto dal Pd come possibile candidato del Centrosinistra 

VIBO VALENTIA – Per il momento il suo è l’unico nome in campo, tanto nel centrosinistra che nel centrodestra. Una scelta acclamata dal popolo democrat ma che, però, nello schieramento del fronte progressista sta incontrando forti difficoltà ad essere accettata nonostante l’esperienza politico-amministrativa che l’ha visto ricoprire nel tempo la carica di presidente della Provincia di Vibo (il primo), di assessore alla Cultura sotto la giunta comunale targata Franco Sammarco e infine presidente provinciale del Pd. Ora a capo del “Centro studi Progetto Vibo Valentia” che rappresenta un laboratorio politico e per mezzo del quale ha potuto muoversi per tempo in città.

E, proprio per i Dem, il nome di Enzo Romeo è quello ideale per guidare la coalizione che spera di interrompere il trend che vuole il centrodestra alla guida della città da ben tre consiliature consecutive. Non sarà facile convincere gli alleati – alcuni dei quali hanno una visione opposta di candidato – ma il noto dentista vibonese è sicuro dei suoi mezzi.

Dottore Enzo Romeo, il suo nome avanzato dal Pd come candidato a sindaco di Vibo è stato acclamato nel corso di un’assemblea partecipata come non succedeva da tempo. È l’“effetto Romeo”?

«(Sorride, ndr), probabilmente tale effetto c’è, ma c’è anche quello di un partito che vuole tornare a parlare di problemi delle persone e di cose realmente inerenti la politica, mettendo da parte le conflittualità che lo hanno danneggiato. E di questo voglio dare atto al direttivo del circolo cittadino perché sta svolgendo un ottimo lavoro».

Non è sempre facile mettere tutti d’accordo, e il Pd è notorio per questo. Anche in assemblea c’è stata qualche voce fuori dal coro che aveva chiesto di rimandare l’investitura. La preoccupa in prospettiva futura?

«No, rientra nel perimetro del pluralismo all’interno di un partito, e ciò è una cosa positiva. Il Pd si è sempre contraddistinto per questo, per la sua indole a discutere. E non ne vedo altri in giro che lo fanno».

E se le dicessi che la platea era composta per lo più da persone con i capelli bianchi, cosa mi risponde?

«Mah, sinceramente non ritengo sia così. Ho visto tante persone tra i 30 e 40 anni che sono rimaste in disparte o nelle retrovie. Ma sono convinto che i giovani desiderino essere coinvolti con le idee, non hanno più voglia di parlare ma di vedere cosa si fa per loro e cosa sono in grado loro stessi di fare. E all’interno del Pd ci sono questi ragazzi perché abbiamo iniziato a lavorare con loro e per loro».

Il suo nome, per usare un eufemismo, non scalda gli animi di una parte degli alleati della coalizione che guarda ad una figura diametralmente opposta alla sua, anche in termini di età. Lei che ne pensa?

«La politica non può essere fatta di stereotipi, per togliersi i sassolini dalle scarpe e neanche per andare muro contro muro. Deve essere luogo di confronto e scelte condivise che portino a vincere la campagna elettorale e fare il bene della città».

Visto che è ormai è uscito ufficialmente, ritiene che il nome di Enzo Romeo sia “bruciato” al tavolo della coalizione come possibile candidato sindaco di Vibo?

«Non parlerei di bruciare nel momento in cui si opta una scelta. Sono convinto che pensare alla possibilità di poter superare sempre figure che hanno una esperienza politica, amministrativa e che fanno parte di un partito, per trovare qualcosa che sia della cosiddetta società civile, non sia la metodologia ottimale perché altrimenti ciò significa che le persone che operano all’interno di un partito siano peggiori e questo è l’esempio più puro di generalizzazione e di qualunquismo, in quanto ci sono ottimi elementi anche in una entità politica».

Superata questa prima fase il suo nome verrà discusso insieme a quello degli altri componenti lo schieramento. Ma se non si dovesse, come sembra attualmente, trovare la quadra su un unico soggetto, lei sarebbe disposto a sostenere le Primarie?

«Certamente, non avrei alcun problema perché in quel modo si darebbe la possibilità ai cittadini di scegliere da chi essere rappresentati alle elezioni e, nel caso di vittoria, al Comune. Sono uno strumento democratico che legittima anche dal basso colui il quale sarà il competitor degli altri schieramenti».

Lei è attivo da circa un paio d’anni con il suo Centro studi in cui denuncia le carenze del territorio e attacca l’amministrazione. Ma un conto è stare all’opposizione e urlare che non funziona nulla, un altro è governare e rendersi conto che non è per nulla facile.

«L’aver iniziato due anni addietro a lavorare mettendo insieme tutte le professionalità e le categorie, confrontandomi con la società vibonese è parso ad alcuni una corsa in avanti, ma questa mia iniziativa non deve far pensare a questo in quanto ciò che ho avviato un biennio fa è un progetto di servizio che volevo mettere, e continuo a farlo, a disposizione del partito e della coalizione. Ho lavorato per questa città mettendo insieme esperti e persone capaci di fare un’analisi della situazione e dall’altro lato ho coinvolto quell’elettorato attivo rimasto deluso dalla politica. Si sono messe in evidenza carenze e potenzialità della città, cosa si potrebbe fare in una prima fase e in quelle successive».

Lei sostiene che l’ha fatto per mettersi a disposizione del Pd e della coalizione, ma di fatto ha colto in contropiede tutti, o sbaglio?

«Sicuramente questo movimentismo ha dato fastidio a qualcuno ma ritengo sia importante sottolineare che non l’ho mai fatto per mettermi in evidenza ma per coinvolgere una parte della città che si era sentita abbandonata. Se avessi voluto fare corse in avanti a questo punto sarei stato io stesso ad annunciare a tempo debito la mia candidatura. Se avessi avuto altre ambizioni avrei potuto anche definire le mie due entità di riferimento di tipo culturale, ma non l’ho fatto perché sono entità politiche. D’altronde, a Vibo si sta tornando a parlare di progetti, idee, di una visione di città che come centrosinistra abbiamo…»

…e li porterete al tavolo della coalizione, ma non può certo aspettarsi che saranno accolti a braccia aperte.

«Li porteremo se questo tavolo ci darà la possibilità di discuterli e lì dovremo essere noi a convincere gli altri sulla bontà della proposta. Lo faremo senza pregiudizi e mi auguro che anche dalle altre parti non ve ne siano».

Nel suo partito sostengono che lei sia un valore aggiunto non solo sotto l’aspetto della persona ma anche delle liste. Ecco, quante ne metterete in campo?

«Non voglio fare numeri perché questi avranno significato quando saranno le liste presentate all’ufficio elettorale soprattutto se saranno piene di contenuti che si avranno nel momento in cui si metteranno insieme idee e progetti che dovranno essere illustrati alla comunità con incontri e dibattiti quanto più partecipati possibile. La cosa che mi dà grande entusiasmo è che attorno a me, frequentando la città, sento una grande disponibilità alla collaborazione per una vera svolta. Questa città non può continuare ad essere un paese, deve diventare città e per farlo necessita di tante cose. Noi stiamo lavorando per questo e spero che sui progetti si possa essere tutti uniti, non tanto sul nome che può essere di un soggetto che può avere doti umane ma non è detto che le abbia sotto l’aspetto amministrativo o politico. Bisogna quindi analizzare i nomi nella propria essenza».

Enzo Romeo è il candidato solo di una Vibo “elitaria”, la Vibo dei salotti e dei circoli?

«Non mi sono mai sentito elitario. Vengo da una famiglia normale. Mio padre era impiegato. I miei genitori mi hanno dato la possibilità di laurearmi e grazie a quello ho avviato la mia attività professionale ma non ho mai dimenticato le mie origini. Io mi rapporto con tutti i livelli sociali. Non esiste proprio che sia parte di una élite».

Ma lei condivide alcuni pensieri secondo i quali Enzo Romeo a Vibo “pesca” anche nel centrodestra?

«Qualche giorno fa ho incontrato una persona di destra che mi ha detto che sono un politico fuori dal coro, moderato, che ha rispettato le ideologie e le persone, per cui se mi sarei candidato molte persone di quell’area mi voterebbero. Ma a parte ciò, questo lo vorrò provare sul campo».

Cosa risponde a chi dice che lei torna in campo dopo essere stato lontano dal mondo politico-amministrativo, dove ad esempio le normative non sono più le stesse del passato e quindi non sarebbe al passo con i tempi?

«Chi fa politica è sempre all’avanguardia a tutti i livelli e io pur non avendo fatto politica in modo attivo in determinati momenti della mia vita mi sono sempre informato perché è nella mia indole. La politica deve dare delle linee guida, certo devono conoscere le leggi ma devono farlo molto di più gli amministrativi. Ovviamente non c’è la presunzione da parte mia di conoscere tutto lo scibile di un’amministrazione, tuttavia il punto è un altro: avere idee chiare su ciò che deve essere fatto, risolvere i problemi di questa città quali l’acqua ad esempio, che è un servizio essenziale. Da qui bisogna partire perché è ciò che vogliono i cittadini e, guardando al complesso, bisogna avere un’idea complessiva di città perché solo in quel modo si potrà avere un quadro d’insieme su dove agire e dove indirizzare lo sviluppo. Inaugurare un’opera in cui attorno non c’è nulla è inutile».

Due curiosità. La prima: lei ha ancora la tessera del Pd?

«Ovviamente, ma non ritengo essere un fatto negativo, quanto un fatto di coerenza e di voglia di appartenenza di valori veri in una dimensione unica per raggiungere obiettivi totalizzanti».

La seconda: quando ha maturato questa idea di rimettersi in gioco, sua moglie Assunta cosa ha detto?

«Dopo aver incassato il colpo (sorride, ndr), come sempre, in 40 anni di matrimonio, mi ha dato il massimo supporto condividendo totalmente tale scelta».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE