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Salvatore Fortunato Giordano

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MILETO (VIBO VALENTIA) – Non ha tardato la replica del primo cittadino di Mileto, Salvatore Fortunato Giordano, alle accuse mosse all’amministrazione comunale riguardo l’aumento delle indennità da parte dell’esponente dell’opposizione extraconsiliare Cristian Vardaro (LEGGI). Con una ricca nota, infatti, Giordano ha precisato che «nessun aumento di indennità è stato mai pensato e mai previsto dal sottoscritto né dall’attuale amministrazione, essendo invece impegnati a dare lustro al nostro Comune. Come al solito qualcuno sparge veleno strumentalizzando i fatti senza dire la verità non avendo rispetto dei cittadini e della loro intelligenza credendo di poterli strumentalizzare contro l’amministrazione comunale».

Definendo l’attacco di Vardaro come «una vigliaccata che lascia il tempo che trova e che esprime quali possano essere  le prospettive di sviluppo insite nella testa di questi soggiogatori di folle e del pericolo che la Comunità ha corso se solo fossero stati eletti», il sindaco che ricordato che «il provvedimento de quo è stato deliberato dal Parlamento ove né il Sindaco né la Giunta siedono e hanno il potere di intervento. Quindi è legge dello Stato. Anzi, la legge di bilancio prevede anche la possibilità che gli aumenti a regime possano essere anticipati su volontà del sindaco e della Giunta gravando sul bilancio. Ma il Sindaco e la Giunta di Mileto hanno rifiutato di fare questo per non aggravare il bilancio comunale».

Il sindaco ha poi aggiunto che «in maniera subdola non si riferisce che gli aumenti vengono coperti da trasferimenti erariali dello Stato e non del Comune, quindi nessun aggravamento dei conti derivano da questo aumento essendo a totale carico dello Stato. Quindi gli aumenti sono un obbligo previsto dalla legge e prova ne è che per la loro applicazione non c’è bisogno di nessuna delibera da parte della Giunta e nessun provvedimento del Sindaco ma di un semplice atto amministrativo in mancanza del quale i fondi vengono restituiti allo Stato».

Il sindaco ha poi aggiunto che «per evitare facili strumentalizzazioni è intervenuto anche l’ANCI CALABRIA che ha precisato che “Le modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2022 in materia di indennità di funzione dei sindaci, nonché vicesindaci ed assessori, dei comuni di varia dimensione, hanno fatto insorgere in molteplici realtà polemiche speculative talvolta promosse da soggetti che rivestono, anch’essi, diversi ruoli elettivi in altre istituzioni e che comunque godono di più adeguate e solide tutele che, peraltro, per certi versi – oltre la prevista finalità di strumenti di garanzia democratica – sono spesso apparsi come mezzi eccessivi tendenti a determinare una condizione di privilegio”».

L’Anci «”insieme alle tante battaglie promosse – riporta la nota dell’Associazione dei comuni citata da Giordano – a sostegno di bisogni e su criticità diverse che attengono alle legittime aspettative delle comunità locali, ha anche sollevato e affrontato la tematica di una più  adeguata tutela e garanzia degli amministratori locali. Questi, infatti, specie nelle piccole realtà sono chiamati a prestare un servizio che richiede molta applicazione e che, di converso, implica una mole di responsabilità e rischi, anche giuridici, cui non corrisponde la previsione di trattamenti idonei a consentire un’adeguata dedizione per come di fatto è necessario. Questo senza molto ricalcare l’aspetto della dignità istituzionale su cui è da rilevarsi persino una marcata iniquità ed ingiustificato squilibrio, se si vuole raffrontare la diversità sproporzionata tra un qualunque eletto nel livello parlamentare nazionale o regionale ed i sindaci delle grandi città. La fondatezza della questione è stata riconosciuta in diverse occasioni pubbliche persino dal Capo dello Stato e il Parlamento, dopo anni di attesa, ha fatto propria la necessità di provvedere disponendo nella ultima legge di bilancio le opportune modifiche ed adeguamenti. Ciò prevedendo una gradualità della variazione tra il 2022 ed il 2024 con appositi stanziamenti da parte dello Stato”».

In conclusione, quindi, il primo cittadino, affindandosi alla nota Anci sposa il principio di base rimarcato dall’associazione dei comuni che «”ritiene e ribadisce – conclude l’Anci – che l’aspetto della tutela e garanzia della dignità per chi presta la propria attività e dedizione a servizio delle comunità locali non può e non deve essere tralasciato rispetto alle tante altre battaglie, né può divenire motivo di discriminazione. Pertanto, l’Associazione ritiene necessario applicare le nuove disposizioni di legge, libere da ogni possibile condizionamento, nell’intento esclusivo di consentire e pretendere che Sindaci ed Amministratori possano meglio dedicarsi all’esercizio del mandato in una condizione di indispensabile serenità. Rimane salva la rispettabile eventuale determinazione di coloro che, per particolari ragioni e valutazioni, dovessero ritenere anche in via temporanea di avvalersi, individualmente o collegialmente, come è sempre accaduto, della facoltà di parziale o totale rinuncia alle competenze indennitarie, ma a ciò  non si può assolutamente essere indotti per via di strumentali e ingiuste azioni speculative promosse da soggetti che alle esigenze di funzionalità generale tendono ad anteporre obiettivi di disturbo e contrasto che mirino a colpire i singoli amministratori, i quali meritano il rispetto loro dovuto per la funzione importante che rivestono. Giova, infine, precisare che non sono consentite devoluzioni e che alle rinunce riguardanti il maggiore beneficio introdotto dalla legge fa seguito un obbligo di restituzione e recupero da parte dello Stato”».

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