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Vittoria Congestrì

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VIBO VALENTIA – Largo Candela con le sue case vecchie, quel meraviglioso sapore di antico abitato: di voci, vite e pensieri che si sono avvicendate nel tempo. Chissà come si presentava all’inizio del Novecento? Brulicante e movimentato borgo, con il tipico vociare dei bambini. Immaginate il rumore di qualche calesse, il suono squillante delle campane di San Michele, sembra una pittura d’epoca, di quelle che si scorgono nelle botteghe degli antiquari.

La signora Vittoria, questa vitalità di Vibo antica la ricorda perfettamente, tanto da raccontarla nelle sue più vivaci sfumature; è letteralmente un fiume in piena. Stupisce la lucidità con la quale affronta la narrazione, è straordinariamente razionale. Il racconto dei suoi 105 anni è la vivida testimonianza di un’epoca: tra guerre, carestia e rinascita.

Vittoria Congestrì nasce a Stefanaconi nel 1915, anno storicamente importante: segna l’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto. Quando era ancora neonata, la sua famiglia si trasferì a Vibo, in quel palazzo di Largo Candela che Vittoria sempre custodirà nel cuore.

«La mia è stata una infanzia felice, in una famiglia molto unita, eravamo nove figli ed io sono la secondogenita. Ho ricordi lieti: si giocava a noccioline, a carte quelle piccoline, ci si rincorreva. Vibo era una città al tempo anche elegante».

Tuttavia, erano anche gli anni della Spagnola: «Io avevo appena cinque anni quando si diffuse la Spagnola, l’ho conosciuta attraverso le testimonianze di mia madre e delle persone più grandi. La mia famiglia non fu colpita dall’epidemia, ma alcuni conoscenti si. Il terrore di quell’epidemia si raccontò per lungo tempo».

Vittoria frequentò l’Istituto Maria Immacolata: «La mattina si andava a scuola dalla suore, accompagnate da una donna di servizio e lì si rimaneva l’intera giornata. Il pomeriggio si lavorava a maglia, si imparava a ricamare».

L’adolescenza fu altrettanto serena: «Frequentai fino alla scuola media. La domenica andavamo a messa a Santa Maria la Nova e al termine della messa, le giovani donne facevamo una passeggiata a Corso Umberto sotto gli alberi, fino a San Leo Luca. Quella era la nostra gita fuori porta, ma eravamo soddisfatte».

Natale del 1937 è per la signora Vittoria la data del destino: «Quel Natale conobbi mio marito sul corso di Catanzaro, ci andavo spesso perché avevo dei parenti. Iniziò un lungo amore, da fidanzati veniva a trovarmi a Vibo il sabato o la domenica. Ma già il 25 settembre dello stesso anno ci sposammo, nella chiesa di San Michele, la chiesa del mio cuore». Gli anni che succedono il matrimonio, sono gli anni della guerra. Allo scoppio della guerra Vittoria si trovava a Roma, qui il marito lavorava come aviatore: «Il discorso di Mussolini a piazza Venezia mi sembra di risentirlo. Un discorso che ascoltammo alla radio, poiché quel giorno mio marito non stava bene».

In quegli anni, Vittoria visse prima a Roma e poi a Napoli: «A Napoli i palazzi venivano giù come fossero di sabbia. Io ero in attesa della mia prima bambina e mio marito un giorno mi disse: “Tornate a Vibo, qui non puoi stare”. Tornai a Vibo e aspettai la fine della guerra, dando alla luce i miei quattro figli. Incredibili quelle sere in cui si aspettava radio Londra: mio marito incollato alla radio e quella voce squillante del cronista: “Qui, radio Londra che vi parla”, e in casa regnava il silenzio».

La signora Vittoria fu una madre molto premurosa: «Trascorrevo le giornate a curare i miei figli. Ma ho anche sempre letto molto».

Nel 1958 seguì il marito a Torino, dove era stato trasferito: «Arrivai a Torino e non ebbi subito un buon impatto. Tuttavia, mi sono nettamente ricreduta negli anni. Ci vivo da 63 anni ed è una città che mi ha dato tante gioie, mi ha dato dieci nipoti e sette pronipoti». Vittoria ha vissuto la Torino del boom economico, capitale insieme a Milano dell’industria italiana: «A Torino ho visto la nascita di una nuova epoca: il benessere».

Oggi Vittoria Congestrì è una vispa signora di 105 anni, che non ha voluto festeggiarli per rispettare la drammaticità del momento storico. L’abbiamo conosciuta e ascoltata grazie all’interessamento del sindaco, Maria Limardo e dell’assessore alla cultura, Daniela Rotino. Appassionata di poesie, ama recitarle: «Leggo ancora molto e se possibile cerco di memorizzare i versi, è uno stimolo per la memoria».

Al termine della piacevole chiacchierata, le chiediamo come trascorrerà queste giornate, lei risponde con una grande energia: «Ormai siamo sotto Natale, preparerò la pignolata e le cartellate, mia figlia ne va letteralmente matta».

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