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AVELLINO- L’ordine di colpire le vetture della famiglia Genovese nella notte tra il 21 e il 22 settembre scorso sarebbe arrivato dai vertici del Nuovo clan Partenio?. E’ più che un’ipotes investigativa, un sospetto che le stesse vittime del raid avrebbero espresso in almeno due circostanze. La chiave di volta per comprendere cosa è avvenuto a fine settembre potrebbe essere molto più vicina. Intanto però questa ipotesi, avallata da una serie di attività investigative, viene riportata nero su bianco nelle duecentodieci pagine della nota informativa depositata il ventisei ottobre dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino e finita ufficialmente ieri mattina davanti ai magistrati del Tribunale del Riesame di Napoli dove si discutevano le posizioni di tredici dei ventitrè indagati.Non è un atto di accusa specifico, ma per il magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia Simona Rossi è la dimostrazione del legame tra i vertici del nuovo clan Partenio, in particolare Pasquale Galdieri e il gruppo dei Genovese, lo stesso capo storico Amedeo, che in carcere dopo aver saputo dei raid, benchè offeso, ordina di mettere subito la pace. E molto probabilmente si riferisce proprio a Galdieri quando parla della persona a cui rivolgersi per togliere ogni scontro o qualsiasi frizione. Sono gli elementi a cui i militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino giungono grazie alle intercettazioni telematiche sul cellulare di Damiano Genovese (sotto inchiesta nel filone sulle aste ndr) ed in particolare su un colloquio avvenuto all’interno del carcere di Parma tra il boss Amedeo Genovese e un suo familiare il 30 settembre scorso, pochi giorni dopo l’attentato contro le vetture di Damiano, ma in particolare di Antonio Genovese, mast’Antonio, che secondo quanto emerso proprio da questa nuova parte dell’inchiesta sarebbe stato il vero obiettivo del raid intimidatorio scattato nella serata di un mese fa.

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