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AVELLINO- Istanza di fallimento per l’Alto Calore Servizi. E’ quella che il sette settembre ha depositato la Procura della Repubblica di Avellino al Tribunale Fallimentare, alla luce delle indagini e dei risultati degli accertamenti disposti dalla Sezione Criminalità Economica, attività coordinate dal sostituto procuratore Vincenzo Russo e condotte dai militari del Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Avellino.

E’ stato il Procuratore della Repubblica di Avellino Domenico Airoma a comunicare in una nota le ragioni che hanno portato alla decisione dei magistrati della Sezione guidata dal Procuratore Aggiunto Vincenzo D’Onofrio: « si sono articolate nell’analisi approfondita dei dati societari contabili e fiscali, con acquisizioni documentali ed escussione dei soggetti interessati, tra i quali rappresentanti governativi nazionali e della Regione Campania, della Provincia di Avellino e dei Comuni partecipanti all’azionariato dell’Alto Calore, società in house con capitale interamente detenuto da enti pubblici.

Il dato accertato è quello di una profonda crisi aziendale, con risultati annui di esercizio caratterizzati da un trend costantemente negativo da più di un decennio e un’esposizione debitoria giunta ormai, in assenza di prospettive di concreto risanamento, a quasi 150 milioni di euro».

Decisiva, oltre all’accerta – mento dei militari agli ordini del colonnello Gennaro Ottaiano, anche la consulenza che i magisrtrati hanno affidato ad una società e che ha determinato la decisione di chiedere al Tribunale di dichiarare il crac della società di Corso Europa. Debiti e spese sono stati passati al setaccio.

Per la Procura e i suoi consulenti, non ci sarebbe spazio per recuperare un «buco» come quello che riguarda l’Acs. A stabilirlo però dovrà essere un Tribunale. E nei prossimi giorni sarà fissata sicuramente anche l’udienza davanti al giudice fallimentare che si occuperà del fascicolo.

L’inchiesta da cui è scaturita la decisione, anche clamorosa di chiedere il fallimento della società proprietaria dell’infrastruttura di distribuzione idrica per il territorio irpino e parte di quello sannitico, svolgente attività di controllo, trattamento, difesa e valorizzazione delle risorse idriche e, in particolare, la gestione del servizio idrico integrato con captazione, accumulo, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili e industriali, inclusi i servizi di fognatura e depurazione delle acque reflue è stata avviata nel 2019, quando erano state acquisite scritture contabili, bilanci e altra documentazione relativa alla gestione della partecipata e alla riscossione delle addizioni in bolletta.

Acquisito anche l’incartamento relativo alla corresponsione/riversamento al Comune di Avellino delle somme riscosse dalla gestione del servizio di acquedotto e addizionale di fognatura in base alla convenzione in essere tra Palazzo di Città e appunto l’Acs. Davanti al pm Russo sono stati ascoltati anche vari testimoni.

A partire dal sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia, al vicepresidente della giunta regionale Fulvio Bonavitacola, al sindaco di Avellino Gianluca Festa, quello di Mercogliano Vittorio D’Alessio, l’ ex sindaco di Sant’Angelo dei Lombardi Rosanna Repole e l’ex subcommissario del Comune di Avellino Francesco Ricciardi e lo stesso presidente della Provincia Domenico Biancardi.

Tutti sentiti come persone informate sui fatti. Ora ci sarà questa parentesi davanti alla Sezione Fallimentare del Tribunale di Avellino e si deciderà sul destino della società da anni al centro delle polemiche.

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