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AVELLINO- Lo spaccio di droga, prevalentemente cocaina e crack era diventato un vero e proprio «affare di famiglia». Così, a rimpiazzare il fratello finito in carcere dopo una perquisizione della Squadra Mobile di Avellino avevano provveduto prima le sorelle e una nipote e persino i genitori e successivamente altri familiari, coadiuvati da veri e propri addetti alle consegne. Ora sono finiti tutti agli arresti nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Avellino e condotta dalla Sezione Antidroga della Squadra Mobile del capoluogo, gli uomini agli ordini del vicequestore Giancarlo Aurilia e del vicecommissario Roberto De Fazio. Dieci le misure cautelari firmate dal Gip del Tribunale di Avellino Marcello Rotondi su richiesta della Procura della Repubblica, quattro custodie cautelari in carcere e sei ai domiciliari notificate all’alba di ieri agli indagati, quasi tutti residenti a Rione Parco. Sette dei quali appartengono allo stesso nucleo familiare.

Quello di Omar D’Argenio, che era già finito agli onori della cronaca per un doppio arresto, il primo eseguito dalla Squadra Mobile nel giugno del 2020 e successivamente mentre era ai domiciliari. Insieme a lui è finita in carcere la sorella Romina, il fidanzato di questa, Gregorio Di Domenico e Domenico Matarazzo, per cui è scattata la custodia cautelare in carcere. Arresti domiciliari, invece per i genitori di D’Argenio, il padre Michele, la mamma Peluso Uga, l’altra sorella Lorena e la figlia ventiduenne. Domiciliari anche per altri due indagati accusati di aver fatto parte del gruppo. Si tratta di Antonio De Angelis e Giuseppe Franchini. Tutti rispondono a vario titolo di detenzione ai fini dello spaccio di droga.

LE INDAGINI
Tutto era nato dal sequestro di sostanza stupefacente operato nei confronti di alcuni tossicodipendenti, i quali avevano acquistato lo stupefacente da D’Argenio, il quale, grazie ad un’attenta attività di pedinamento ed osservazione degli agenti della Squadra Mobile, veniva successivamente tratto in arresto, in quanto trovato in possesso di 63 bustine di cocaina. Quest’ultimo, nonostante fosse stato sottoposto agli arresti domiciliari, continuava a gestire una florida attività di spaccio di cocaina, avvalendosi dei membri della propria famiglia e degli altri indagati, utilizzati soprattutto per le consegne. Sempre la stessa persona, nel mese di settembre dello scorso anno, è stato trovato , in quanto trovata in possesso di altre 72 bustine di cocaina e, questa volta, veniva applicata nei suoi confronti la misura coercitiva della custodia in carcere, visto che spacciava anche ai domiciliari .

Qui entrano in gioco i familiari. Anche perché l’arresto non determinava, tuttavia, la cessazione delle attività di spaccio gestite dal gruppo. Ed infatti, nella gestione di tale illecito commercio, subentrava la sorella e il fidanzato di quest’ultima, che venivano a loro volta tratti in arresto, poiché sorpresi nella flagranza del reato di detenzione e cessione di sostanza stupefacente, essendo stati trovati in possesso di 33 bustine di cocaina, confezionate e pronte per essere immesse sul mercato. L’attività di indagine proseguiva assai utilmente anche mediante operazioni tecniche che consentivano di ricostruire le modalità operative del gruppo. In particolare, si accertava che gli indagati utilizzavano un linguaggio in codice per differenziare la cocaina dal crack, identificate rispettivamente con il temine di “prosciutto crudo” e di “prosciutto cotto”.

Sulla base di tali investigazioni, venivano effettuati numerosi sequestri di dosi di sostanza stupefacente, di danaro e materiale per il confezionamento. Sull’indagine e sull’attività iò Procuratore della Repubblica Domenico Airoma ha sottolineato come quella messa a segno dalla Mobile nella giornata di ieri è un’attività che: « si inserisce in un più articolato programma investigativo, elaborato da questo Ufficio in collaborazione con le Forze di Polizia, diretto a contrastare il dilagare dello smercio di sostanze stupefacenti nel capoluogo irpino, con effetti pregiudizievoli soprattutto nei confronti dei più giovani». Nelle prossime ore gli indagati dovranno comparire davanti al Gip per l’interrogatorio di garanzia. Per tutti ovviamente vale fino a prova contraria la presunzione di innocenza.

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