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AVELLINO- A 12 giorni dall’inizio del 2022 resta soltanto uno lo sforamento di polveri sottili registrato dalle centraline di monitoraggio dell’Arpac sul territorio della città di Avellino. Quello della “folle” notte tra il 31 dicembre e il primo gennaio, quando le persone, in barba ad ogni divieto ed appello, hanno sparato fuochi pirotecnici salutando il nuovo anno avvelenando l’ l’aria. Se nei giorni successivi non si sino più registrati sforamenti, il dato circostanziale non può far “cantare vittoria” all’amministrazione comunale del capoluogo, al pari di quelle delle stretto circondario, che per due anni consecutivi hanno subito l’onda d’urto di livelli di inquinamento mai registrati prima, quando già la situazione non era delle migliori.

Nessuna strategia realmente efficace è stata messa in campo, i provvedimenti di stretta urgenza, tra l’altro sempre spinti dalla Prefettura di Avellino, non sono bastati per arginare un problema che da ambientale si trasforma anche in sanitario. Il 2021, ancora una volta è stato segnato da un numero di sforamenti maggiore rispetto a quelli consentiti della normativa, sulla falsariga dell’anno precedente, quando il capoluogo irpino, come emerso dal report Legambiente Mal’aria, è stato classificato settimo a livello nazionale per sforamenti da polveri sottili Pm10. E il 2021 ha lasciato anche l’ennesimo campanello d’allarme, quello cristallizzato dal rapporto Spes (Studio di esposizione nella popolazione suscettibile) condotta in Campania dall’Istituto Zooprofilattico per il Mezzogiorno, guidato dal dottor Antonio Limone.

I fattori di criticità sono infatti distribuiti in varie zone, dai valori di mercurio in alcune aree della valle dell’Irno cinque volte superiori alla media, a quelli anomali di diossina e metalli pesanti nella valle del Sabato. In altre parole, secondo qui dati, il territorio irpino sta subendo il lento ma costante declino ambientale della “Terra dei Fuochi”. A nulla sono nemmeno serviti le rinnovate battaglie dei Comitati ambientalisti, su tutti “Salviamo la Valle del Sabato” guidata dal dottor Franco Mazza, che già da quasi un decennio tenta di accendere i riflettori sulle gravi correlazioni che si stanno instaurando tra inquinamento ambientale di Avellino e provincia e malattie tumorali. Interventi strutturali e azioni ad hoc sia a livello nazionale, regionale che locale per liberare le città dalla cappa dello smog, quelli che da tempo invocano i comitati ambientalisti.

In questo discorso l’amministrazione guidata dal sindaco ambientalista Gianluca Festa avrebbe dovuto giocare un ruolo fondamentale per ribaltare precedenti linee d’azioni che sono servite a poco o niente. Ed invece, come emerge dai giorni citati dati inquinanti degli ultimi due anni, la situazione va peggiorando. A nulla è servito nemmeno il tanto discusso e contrasto trasferimento del terminal bus da Piazza Kennedy a Piazzale degli Irpini, sul crine dello spostamento del mercato settimanale, altrettanto contesto, anche in sedi giudiziarie. E se è vero che inquinamento e traffico veicolare non debbano essere correlati, come da sempre dice il sindaco Festa e come gli hanno dato ragione i dati dei mesi di lockdown del 2020, quando con le città vuote gli sformanti diPm10 pure sono schizzati al massimo, e altrettanto vero che al momento nessun’altra iniziativa efficace è stata messa in campo.

Regolamentazione delle caldaie, divieto no stop degli abbruciamenti, sino alle limitazione al traffico e al divieto di fuochi d’artificio durante le scorse festività natalizie, ancora una volta sono risultate inefficace. E in questo ha fallito anche il piano di controlli rispetto al cronico mancato rispetto delle ordinanze da parte di una fetta di cittadinanza. Tanto non basta per assolvere la parte politica, per il Comune di Avellino specificatamente l’assessorato all’ambiente, rappresentato da Peppino Negrone che, spesso e volentieri, non è risultato incisivo, quanto piuttosto ombra delle scelte adottate solo dal sindaco.

Se ad 11 giorni dall’inizio del nuovo anno l’Arpac ha registrato solo uno sforamento, il dato è principalmente legato alle condizioni atmosferiche che, spesso e volentieri, “mettono una toppa”. Stefano Sorvino, direttore generale dell’Arpac Campania, rilancia iniziative di sensibilizzazione, che puntano a cambiare gli stili di vita in nome della sostenibilità ambientale, da misura nell’arco di anni. “Le politiche ambientali – osserva – si fondano non solo sui divieti e controlli delle autorità pubbliche, ma anche sulla responsabilità dei comportamenti individuali e collettivi, sugli stili di vita e sulla coscienza civile di tutta la cittadinanza. Proprio la generalità dei cittadini, in tante occasioni, esprime più che legittimamente l’aspirazione a vivere in un territorio contrassegnato da una buona qualità dell’aria”. sdc

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