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Scissione del distretto Calore Irpino, cresce l’attesa per il decreto, che, il 3 agosto, la giunta regionale Campana emetterà per sancirà la suddivisione la separazione del Distretto Calore Irpino in due nuovi ambiti distrettuali: quello irpino e sannita. Se lo sdoppiamento viene accolto con favore ed entusiasmo nel Sannio, in Irpinia si registrano pareri discordanti. C’è chi sostiene, che questo passaggio sia fondamentale per risollevare le sorti dell’Alto Calore, invece c’è chi come il Comitato per la Salvaguardia del patrimonio idrogeologico dell’Irpinia ritiene, che con questa suddivisione del distretto, possa verificarsi un ulteriore depauperamento delle sorgenti della provincia di Avellino. E quest’ultima tesi trova la piena condivisione di Alfon – so Merola, ex sindaco di Caposele, già componente del cda di Acquedotto Pugliese e dell’Ente d’ambito calore irpino. «Ho sempre ritenuto che la battaglia per l’Ato è- spiega Merola – nell’accrescere il numero dei comuni partecipanti, in quanto l’economicità di una gestione dipende se questo è un macroente o un microente. E la proposta che stanno facendo va sul fronte opposto e cioè contro ogni logica di economicità. L’Ato Calore irpino che è la cassaforte delle Acque meridionali è moto ambita ed appetibile per gli enti gestori privati. Non ci dimentichiamo che Acea è a pochi passi. Indebolire l’Alto Calore significa offrirlo poi ad ogni politica di privatizzazione». Per l’ex sindaco altirpino la suddivisione del distretto Calore irpino non aiuterà l’ente di Corso europa. «La scissione del distretto non aiuta Alto Calore, anzi la frega e la ancora più debole ». Se per Merola le ripercussioni della scissione per l’Irpinia non si profilano positive, la provincia di Benevento conquista un’aspirazione che coltiva da tempo. «Il Sanno aspira ad una sua autonomia da molto tempo. Ma è un’autonomia fittizia. Il Sannio è alle direttive di Gesesa, che ha interesse a staccare l’Alto Calore dai comuni- beneventani per poi gestire tutto il Sannio». Infine Merola intravede ancora oggi uno scippo delle acque irpine. «Il tentativo c’è sempre stato di allungare le mani sulle fonti irpine. Altro che petrolio e gas. A fare gola è l’oro blu. I grandi gestori soprattutto quelli a maggioranza privata sono interessati alle fonti. Parliamo di un bene che non è riproducibile in natura. Chi ha le sorgenti di conseguenza ha il controllo dell’intero sistema delle Acque».

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