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Irpinia povera e senza lavoro. E’ quanto emerge dagli ultimi dati dell’Istat.
Più pensionati che giovani: 82.000 a 69.000, compresi tra 0 e 18 anni, su 416.000 residenti. 151.000 lavoratori a cui si aggiungono 33.000 autonomi, senza contare gli imprenditori. Ma la forza lavoro, che esclude i giovani con meno di 16 anni e gli ultra 65enni, è ben superiore: 319.000 irpini.

I pensionati sono 82000 di cui 12500 over 75enni. Il dato che preoccupa sono i disoccupati, in tutto 47.000 a cui si aggiungono 20.000 tra i 16 e i 32 anni mentre gli altri sono Neet, cioè non cercano più una occupazione. In totale la percentuale di disoccupati è del 15 per cento. Senza contare i lavoratori in grigio e in nero. E preoccupa anche la disparità di genere sul lavoro: sul totale dei lavoratori il 29% sono donne e 52,5% sono uomini. Bassi il reddito pro capite: 15.733 euro.

«Questa crisi non va “sprecata”: è necessaria un’azione decisa per ottenere investimenti in servizi materiali e immateriali. È possibile: bisogna fare presto», così il segretario generale della Cgil di Avellino Franco Fiordellisi che dati alla mano traccia un quadro a tinte molto fosche. «Da dicembre 2019 abbiamo perso, come sistema Italia, 444mila occupati con una fortissima impennata di inattivi molti dei quali scoraggiati dalla difficile ricerca di un lavoro. La pandemia ha colpito con forza maggiore tutte le fasce più deboli della società. I giovani e le donne sono sempre le due categorie di popolazione che continuano a subire, più delle altre, le varie crisi».

«Per cui la crisi di governo deve essere velocemente risolta, per dare risposte chiare sulla pandemia, vaccini e tracciamento, ma anche il tempo, che serve per i Piani di recupero e resilienza, diventa sempre più breve per una seria analisi e governance reale, anzi proprio dall’Irpinia, aree interne, come Cgil e sindacato unitario spingiamo per recuperare il tempo perso in questi mesi». «Le nostre proposte mirano ad avviare azioni per un lavoro dignitoso, perché affrontare il tema del lavoro, insieme ai servizi pubblici, chiudendo i cantieri per le infrastrutture avviati da anni, è fondamentale per rilanciare gli investimenti pubblici e privati, anche nella ricerca per prodotti manifatturiero tendenti ad impatto climatico zero. Definire una forte rete di azioni sulle politiche attive a partire dalla formazione continua, all’individuazione delle nuove competenze su digitale e automazione. Con questo sistema possiamo ridurre il divario occupazionale di genere e di età».

Infine, «i fondi destinati all’Italia con i programmi Sure, Next Generation UE, React e risorse nazionali, sono un’enorme mole di risorse da non disperdere in tanti piccoli progetti, ma in progetti di prospettiva, con obiettivi definiti e specifici per la ripresa».

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