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Saranno due mesi caldissimi per la politica regionale. Roventi nel Pd. Di più in Irpinia. Passa il tempo, ma non cambiano i modi con cui si gioca la partita delle candidature. E’ lo scontro tra le persone ad avere spazio e non i contenuti di un regionalismo che sul piano istituzionale richiederebbe una profonda rivisitazione, dopo settanta anni dall’attuazione del dettato costituzionale. In Irpinia è soprattutto il Pd a mantenere desta l’attenzione. Intanto perchè è il partito che storicamente raccoglie maggiori consensi essendo l’erede della Dc di un tempo con la sua classe dirigente che dominava il panorama politico. La fusione a freddo che ha fatto registrare la nascita del Pd qui non è mai riuscita. Anche per la debolezza di una sinistra che ambiva al governo delle cose e nel contempo non è riuscita a costruire un’azione politica di riferimento nella soluzione dei problemi.

Anche alcuni nobili tentativi di elevare il dibattito politico, come quelli del movimento Controvento, che annovera personaggi di grande esperienza, insieme ad intellettuali pensanti sul futuro della realtà locale, rimane sul livello della testimonianza senza avere una chiara idea su ciò, e come, occorre agire concretamente. In questa complessiva ambiguità di fondo hanno gioco facile il trasformismo, le vecchie logiche della cattura del consenso, la corsa sfrenata per aggrapparsi alle sponde del probabile carro del vincitore. In questo perverso percorso che abbiamo davanti c’è poco di politica e molto, direi quasi tutto, di approssimazione. Di fronte a questa situazione il commissario del Pd, Aldo Cennamo, dirigente politico di buona razza e di grande riflessione, è apparso indeciso sul da farsi. Strattonato da più parti egli si è assunto l’onere, non facile, di mantenere unito il partito. Impresa complessa per le dinamiche che attraversano le varie componenti il cui fine sembra essere solo quello dell’assalto alla diligenza.

Cennamo, comunista (non mi piace dire ex) orgoglioso delle proprie radici democratiche e delle grandi lotte operaie, ha lavorato intensamente per dare un profilo di alto livello alla questione irpina nell’ambito di quella meridionale. In un recente convegno ha testimoniato profonda conoscenza dei problemi dell’Irpinia tra gap esistenti e prospettive di speranze. Ha gestito con grande prudenza le bizzarie dei massimi esponenti amministrativi della città la cui appartenenza politica in più di un caso è stata a dir poco ambigua.

Ovviamente, proprio perché la situazione è delicata, non ha ritenuto, come forse avrebbe dovuto, affondare il bisturi nella piaga. Il non aver celebrato il congresso provinciale del partito, pur avendo un preciso riferimento nel tesseramento completato e con il pagamento avvenuto delle tessere è stata un’imprudenza che ha consentito a chi vuole mettere le mani sul Pd grande spazio di manovra. Va detto, per onestà, che l’imperversare del Covid non ha giocato a favore della celebrazione delle assise. Probabilmente se Cennamo avesse deciso le primarie per le candidature regionali le attuali difficoltà sarebbero state superate e alcuni giochi sporchi di supposta legittimazione di candidati, che sarebbero già stati autorizzati a propagandare la loro immagine, si sarebbero evitate. Cennamo a parte, occorre in questa fase capire anche il ruolo del solo parlamentare eletto anche in Irpinia, Umberto Del Basso De Caro. Il suo riferimento nazionale è l’ex segretario Martina. Si dice, ma è improbabile a mio avviso, che viaggerebbe verso i lidi di Matteo Renzi, portando con se le truppe ex manciniane e demitiane.

Nel Pd c’è anche questo. Come ci sono i “patti” sottoscritti strumentalmente in occasione della elezione del sindaco di Avellino, Gianluca Festa. In quella occasione Petitto fece un passo indietro per il governo della città, proiettando il suo interesse per le elezioni regionali. Ora, rinunciare alla candidatura ufficiale nella lista del Pd diventa un problema. Che dirà Zingaretti che ha visto De Caro su opposte sponde? E in Irpinia cosa diranno i tesserati che hanno dato il loro consenso alla probabile maggioranza Dem che schiera Michele Ciarcia? La matassa da sbrogliare torna nelle mani di Aldo Cennamo al quale sia il livello nazionale che regionale hanno delegato l’arduo compito. Questo nel Pd.

In Forza Italia, e quindi nel centrodestra, l’invasore” Martusciello nel contrapporsi a Cosimo Sibilia, fondatore del partito di Berlusconi in Irpinia, tenta di appropriarsi del partito. Lo scontro è tra l’arroganza del primo e la riservatezza del secondo. Veleggiano tranquilli, almeno così pare, De Mita, Mastella e Gargani, centristi separati in casa. De Luca governatore per ora guarda e sorride. La sua “ammucchiata” gli crea qualche preoccupazione, Caldoro ne potrebbe profittare.

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