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Selfie di Pietro Milano e i ragazzi dell’Osa We’ll come united

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«DA PICCOLO trascorrevo ogni anno le vacanze in Calabria. Io e mio fratello Marco eravamo “gli stranieri” che gli amici si contendevano quando si dovevano formare le squadre per i tornei di calcetto. Oggi, a distanza di molto tempo, gli stranieri, quelli veri, quelli che in Italia ci sono venuti non per vacanza ma per cercare di costruirsi un futuro migliore, mi hanno dato delle soddisfazioni che non mi sarei aspettato, non solo a livello sportivo».

Pietro Milano scava nei ricordi del passato per raccontare il progetto di cui oggi è alla guida. Papà di Benevento, mamma di Soveria Mannelli, Milano è il presidente dell’Osa (Olympic Soccer Academy) We’ll Come United, formazione di calcio dilettantistico che dal prossimo anno militerà nel campionato di Prima Categoria nelle province di Avellino e Benevento. Sin qui nulla di strano ma c’è una particolarità: la società di calcio ha fatto dell’accoglienza e dell’integrazione nel mondo dello sport la sua ragione di esistere. Un progetto che nasce nel 2019, come “costola” del Consorzio “Sale della terra”, rete di cooperative che tra le altre cose si occupa della gestione e della realizzazione di progetti finalizzati all’inserimento e all’integrazione dei migranti.

A oggi sono cinque le nazionalità rappresentate all’interno dell’Osa We’’ll Come United: Ghana, Gambia, Mali, Nigeria e Italia. Da due anni a questa parte stranieri e autoctoni condividono, oltre al campo e allo spogliatoio, anche quella che è anche un’esperienza di vita. «Siamo partiti tra mille difficoltà – ricorda Milano, che della squadra è stato anche il primo allenatore – con poche risorse e una società che non è era strutturata come lo è oggi. Le difficoltà ci sono state non solo a livello sportivo. La nostra era vista come la squadra “dei neri”. Abbiamo ricevuto tante offese ma la nostra linea guida è stata sempre una sola: rispondere sul campo con l’impegno e i risultati. A volte ci siamo imbattuti anche in casi di “razzismo al contrario”, in cui ci dicevano che siccome eravamo, appunto, la squadra “dei neri”, sul campo tutto ci era concesso, come se gli arbitri o chi per essi tendessero a chiudere un occhio nei nostri riguardi».

Quella appena trascorsa è stata la vera “prima” stagione per l’Osa We’ll Come United. Il blocco dei campionati dovuto alla pandemia ha interrotto il progetto che non appena è stato possibile è ripartito regalando a Milano e i suoi ragazzi, oggi allenati da mister Leo Martone, indimenticabili soddisfazioni. Una cavalcata emozionante, fatta di dieci vittorie consecutive che sono valse la finalissima che ha sancito la promozione nella categoria superiore. «Siamo riusciti, piano piano, a costruirci un seguito. Le persone hanno capito che il nostro è un progetto aperto a tutti, anche ai non tesserati. Speravamo ma non ci aspettavamo di riuscire a coinvolgere così tante persone. Oggi la squadra è composta da ragazzi che orbitano intorno ai progetti di accoglienza, beneficiari dei vari progetti Sai o componenti dei club dei comuni aderenti alla Rete dei Piccoli Comuni Welcome, altri che ne hanno fatto parte, altri ancora che hanno avuto percorsi diversi ma che grazie al passaparola e ai risultati ottenuti si sono avvicinati alla nostra realtà. Con noi si allenano anche persone non tesserate a cui abbiamo aperto le porte sulla base dei principi fondanti del nostro progetto: integrazione, accoglienza, lealtà e rispetto. Diciamo che, nel nostro piccolo, siamo diventati un punto di riferimento».

La risposta positiva è arrivata anche da parte del pubblico: «All’ultima partita – ricorda Milano – c’erano più di 600 persone sugli spalti. Tolti i palcoscenici di Serie A e Serie B, è un risultato non da poco per una città come Benevento». Una realtà che regala storie nelle storie, quella dell’Osa We’ll Come United, come quella del capitano della squadra, il gambiano Yankuba Darboe. Arrivato in Italia a bordo di un barcone nel 2014, Yankuba è un mediatore culturale del Sistema di Accoglienza e Integrazione di Pietrelcina, ed ex beneficiario del progetto SAI di Roccabascerana. Da quando è arrivato in Italia ha affrontato tutto il percorso scolastico, partendo dalla licenza media sino al conseguimento, nell’ottobre scorso, della laurea in Scienza Biologiche all’università del Sannio. Yankuba è diventato un esempio dentro e fuori dal campo, l’emblema di come l’abnegazione e la voglia di vincere, in senso sportivo e non, possano portare a grandi traguardi.

Come quelli che Milano e l’Osa We’’ll Come United si sono prefissati di raggiungere: «Ovviamente restiamo coi piedi per terra – aggiunge il presidente – dalla prossima stagione cambieranno molte cose, affronteremo molte più trasferte fuori provincia ma vogliamo ben figurare anche in questa nuova sfida restando saldamente ancorati a quelli che sono i nostri principi ispiratori che vogliamo portare su tutti i campi in cui andremo a giocare».

Le ultime parole di Milano sono riservate alla “sua” Calabria: «Il mio è un legame molto forte con questa terra. Da piccolo, come già detto, ci trascorrevo le vacanze estive, oggi appena posso vado a trovare i parenti o sono loro a venire a Benevento. Ho frequentato un corso da dirigente sportivo all’Unical e lì ho avuto modo di incontrare altre persone e tessere nuove relazioni. Io mi sento molto calabrese, specie in quanto a caparbietà, qualità che associo a questa mia origine. Chissà che un giorno la nostra squadra non riesca a calcare i campi calabresi, sarebbe molto bello portare la nostra esperienza sportiva e di vita anche in quei luoghi a cui sono molto legato e con cui condividiamo molte delle tematiche che portiamo avanti con il nostro progetto».

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