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Lo schema è più semplice di quanto si possa pensare: c’è il calciatore, o vip dello spettacolo, che fa da prestanome e compra l’orologio griffato a prezzo di listino grazie ai rapporti intrattenuti con gli sponsor; c’è il passaggio a un intermediario della camorra; e infine la vendita a prezzi da mille e una notte nelle fiere internazionali di Monaco e Ginevra a ricchi sultani del mondo arabo disposti a spendere anche milioni di euro pur di accaparrarsi il prezioso meccanismo.

Un triangolo perfetto che avrebbe consentito guadagni monstre negli anni – sotto la supervisione della camorra – e che vede coinvolti personaggi del calcio e dello spettacolo, finanche il presidente di una squadra di calcio di serie A i cui nomi, presenti nelle carte in mano alla procura di Napoli, sono rigorosamente coperti da omissis. Il business – apparentemente pulito, visto che gli orologi vengono venduti con tanto di cartellino e garanzia – è stato rivelato da un affiliato ai clan, Luca Esposito. Sarebbe stato lui l’intermediario, amico dei calciatori ma anche di ricchi sultani degli Emirati Arabi, a mettere in piedi per anni la triangolazione.

Esposito, detenuto al centro di indagini del pool anticamorra, è ritenuto esponente della cosiddetta Alleanza di Secondigliano (nonché genero del boss Patrizio Bosti). Le sue rivelazioni sono finite al vaglio degli inquirenti e sono state depositate in una udienza che si sta tenendo a Napoli nell’ambito di un processo che vede imputati alcuni esponenti della cupola camorristica. Esposito ha illustrato ai magistrati il meccanismo rivendicando affari superiori al business della droga o a quello emergente dei diamanti. E ha citato la compravendita di un orologio di una nota marca francese, acquistato per 47 mila euro da un calciatore e rivenduto all’asta a quattro milioni e mezzo di euro a un emiro.

Rivelazioni ora al vaglio dei titolari dell’inchiesta, i pm Alessandra Converso e Ida Teresi coordinati dal capo della procura Gianni Melillo, che dovranno verificarne la veridicità. E che potrebbero portare presto alla convocazione in procura di qualche nome eccellente. Calcio e camorra, un binomio pericoloso già noto alle cronache con frequentazioni e intrecci al limite. Già negli anni ’70 i boss di Forcella scommettevano sull’esito delle partite grazie alla complicità di calciatori amici.

Negli anni ’90 fece il giro del mondo la foto che ritraeva il Pibe de Oro, al secolo Diego Armando Maradona, adagiato nella vasca a conchiglia dei fratelli Giuliano di Forcella. Più recentemente finì nelle carte dell’Antimafia la presenza a bordo campo allo stadio San Paolo (durante un Napoli-Parma stagione 2009-2010) del boss Antonio Lo Russo, che entrava con un pass da giardiniere e che nel tempo libero giocava alla playstation a casa dell’attaccante argentino Lavezzi: per il Pocho era solo un capo tifoso.

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