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di Adriano Mongiello

NAPOLI. Al tavolo delle polemiche sono seduti in tre, e chi fa da mazziere è la famiglia De Laurentiis, padrona indiscutibile del puzzle chiamato Napoli: accanto a lui, siede, su uno sgabello scomodo, la dinastia Ancelotti, osannata fino ad alcune settimane addietro, ed ora bistrattata e sistemata sulla brace che inizia a riscaldarsi. Nel triangolo dei “cartari”, ci sono, poi, i veri interpreti di quello che tutti definiscono lo spettacolo sportivo più bello al mondo, i calciatori, che hanno come rappresentante una specie di capo-popolo, che organizza silenziosamente le sommosse, mandando in avanscoperta un collega, che parla, urla e risponde per le rime ai “padroni”. La partita tra di loro, ormai si gioca a carte scoperte, ed a nessuno é consentito ascoltare dalla loro viva voce, cosa davvero si stia tramando a discapito di chi scommette sulla passione che li anima, i tifosi, gli affezionati, gli innamorati della maglia azzurra, per la quale sacrificherebbero ogni cosa. Ebbene, quale la soluzione per assistere ad una seria e sana competizione nella quale ognuna dia il meglio di se stessi? Compiere il classico passo indietro, rileggere quanto è accaduto, cospargersi il capo di cenere, ristabilire quell’equilibrio interno, dove ognuno compia il proprio dovere, non invadendo le competenze degli altri. Al Presidente consigliamo di guardare un po’ meno gli interessi economici, se si vuol bene al Napoli e si ama questa incredibile città; agli allenatori, padre e figlio, di rivedere le loro convinzioni sullo schema da adottare, posizionando sullo scacchiere quel 4-3-3 che tante soddisfazioni ha fornito al Napoli. Ai calciatori occorre una buona dose di modestia, senza arroccarsi su pretese, soprattutto economiche, astruse e confermando, se vero amore, tutte le intenzione di rimanere all’ombra del Vesuvio. Dimenticavamo che, se affiorasse stanchezza nella gestione societaria, proporre la vendita del club a potenziali acquirenti di oltre oceano, non sarebbe idea malsana: pare che ci sia la fila per impossessarsi di quella “N” che campeggia sui bandieroni sventolanti nelle curve, col Genoa, tristemente silenziose e semivuote.

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