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NAPOLI – Spontanei sorgono gli interrogativi dopo sette mesi esatti dall’innesto di Gattuso alla guida del team partenopeo: correva l’11 dicembre del 2019 e “Carletto”, il parmigiano che aveva vinto nei migliori campionati del vecchio continente, lasciava spazio alle diaboliche iniziative del Presidente, che, nonostante la qualificazione agli ottavi di Champion’s non si lasciava intenerire dal traguardo, mai raggiunto, e defenestrava Ancelotti, sorprendendo, sua ineguagliabile prerogativa, la piazza, con la chiamata del tecnico calabrese, che dalla panca aveva fatto bene solo a Pisa, portando la squadra della “Torre pendente” dalla C alla serie superiore.

Il Presidente era stato autore anche dell’effetto Sarri, sconosciuto ai più, e trionfante, a dispetto delle iniziali critiche: il tecnico toscano segnò un’inversione di tendenza, e finalmente i tifosi ritornarono a sorridere per il calcio spettacolo che la squadra offriva su tutti i campi, almeno quelli nazionali.

Ritornando al campionato in corso, l’inizio del barbuto allenatore risultava invitante per le critiche al massimo dirigente, rimpiangendo l’addio per il pluri vincitore di titoli, ma la caparbietà, le consolidate idee integraliste, con il lavoro quale elemento prioritario, indispensabile e significativo, riuscivano a produrre risultati non nell’immediato. Ed ora, che i risultati, le vittorie, le affermazioni si susseguono, come si possono spiegare le differenze tra il “Carletto” e il “Ringhio”? Il primo quale segni distintivi, l’esperienza, il palma res, l’aplomb, ma carattere docile e permissivo, al punto da far dirigere gli allenamenti al figlio Davide, mentre “Gennaro” (nome più napoletano di questo non ve ne è) digrigna i denti, in allenamento come sulla panca ( tra l’altro non è mai in posizione di riposo durante i 90′ ndr), non tollera distrazioni, urla come un ossesso. Eppure la “rosa” è la stessa, campo di allenamento, uguale, dirigenza inalterata: forse l’età, a vantaggio di Gattuso, è un altro punto di divergenza, con quest’ultimo che ha una voglia di vincere anche da allenatore, mentre Ancelotti aveva solo il desiderio di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, come a Torino, per l’atavico odio verso i colori bianconeri, per via delle offese rivoltegli dal pubblico, ad ogni sua presenza allo Stadium.

La realtà è sotto gli occhi di tutti, stampa, addetti ai lavori, colleghi, e pochi hanno il coraggio di considerare il Napoli una meteora, anzi è un soggetto temuto e rispettato: intanto “lui” non sorride, pensa solo a trasferire i suoi dogmi, che ne hanno contraddistinto i successi da mediano-incontrista, agli atleti che comanda, non che dirige, proprio perché non esiste altra lezione al di fuori del sacrificio. “Gennarí fá tu, e núie stámm senza pensièr!”

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