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NAPOLI. Domande, tutte dello stesso tono, hanno inondato le trasmissioni sportive, al triplice fischio dell’arbitro Mariani, per avere una risposta comprensibile e giustificabile alle debacle periodiche, ma dolorose, registrate dagli azzurri al cospetto di un pubblico straripante nell’impianto di Campi Flegrei. Perché farsi umiliare, perché calpestare le ambizioni di un popolo che attende di vincere, a distanza di oltre trent’anni, il tricolore, proprio oggi che il destino ha posto su un piatto d’argento, due volte, l’occasione di fuggire verso lo scudetto? Risposte vaghe, senza senso, senza motivazioni accettabili, scrivere e parlare di pressione, di psicologia, di ansia, addirittura di collera che “S.Paolo”, come si è chiamato lo stadio per decenni, abbia scatenato per averlo sostituito con “Maradona”.

Esagerazioni che non trovano d’accordo chi vuole ragionare di calcio, di tattica e di schieramenti: il centrocampo del Napoli è in crisi, subisce quando viene aggredito, soprattutto quando i due che supportano Lobotka, non siano Anguissa e Ruiz (quest’ultimo non in difficoltà di ossigeno al cervello, al punto da non tirare a due passi dal portiere, lui che ci ha deliziato con conclusioni vincenti da distanze siderali ndr), ed infatti le sconfitte con Milan e Fiorentina hanno la stessa matrice, assenza del camerunense e presenza del fantasma Zielinski.

Non trattasi di processi sommari, ma di constatazioni che hanno il solo scopo di fare ragionare, più durante la partita che nel corso della settimana che precede la gara, il tecnico: le sostituzioni, proprio per avere piena conoscenza dello stato di forma degli atleti, devono essere tempestive, come è avvenuto durante l’intervallo di Napoli-Udinese. Subito dentro Mertens, senza esitare, cambio Elmas-Zielinski, soprattutto dopo aver visto un solo tocco intelligente del polacco, il lancio per la “capocciata” di Osimhen, incredibilmente fuori, nonostante la favorevole posizione.

Spalletti le avevamo riconosciuto il merito di avere la squadra in pugno, che la sua presenza in panchina era superflua, in quanto i suoi giocatori giocavano a memoria: vero, giusto, ma se la condizione atletica è al top, altrimenti occorre che lei nuova le pedine, quelle alternative, non da poco, che le tengono compagnia a bordo campo. Il match contro gli uomini di Italiano, non ha saputo osservarlo bene, benché sia stato sempre in piedi, avendo lasciato sul rettangolo verde, per troppi minuti i due “ectoplasmi”, validi tecnicamente e tatticamente, ma non in questo mese di primavera piena.

“Oggi abbiamo registrato una sentenza” sono state le parole che hanno condito la sua conferenza stampa post gara, ma dovrà rimangiarsele, per due motivi: l’Inter non ha ancora giocato e vinto il recupero contro il Bologna, il Milan ha frenato a Torino e non ha allungato in classifica. Se si arrende, con sei partite da giocare, la prossima contro il suo passato più glorioso, la Roma, provvediamo a cancellare quanto di buono abbiamo scritto, a più riprese, sul suo conto: ci sta?

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