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NAPOLI. A fine primo tempo, diciassette conclusioni contro tre, ottanta per cento di possesso palla, una superiorità schiacciante, macchiata solo dalla leggerezza difensiva, attribuibile ad un non perfetto affiatamento della inedita coppia centrale (il coreano lasciava la custodia di Lasagna a Rui, che si lasciava sorprendere alle spalle) lasciavano presagire una seconda frazione sotto il segno della goleada, ed invece il duo Kim – Rrahmani concedeva il bis, ma è stato, questo recupero del risultato da parte dell’Hellas, a evidenziare la reazione, già vista dopo l’iniziale vantaggio veronese, degli azzurri, valida cartina di tornasole del lavoro svolto da Spalletti, che rivalutando la parola “responsabilità”, ha toccato i tasti giusti del gruppo di giovani, affidati a lui per ricostruire ciò che era volato via, con destinazioni europee ed extra europee: quella guida per i nuovi arrivati, che Koulibaly e Mertens avevano realizzato, il primo con il ruolo di “comandante”. Il secondo trasmettendo quella “napoletanità” di cui è stato pervaso fino alla cittadinanza onoraria che già il sindaco Manfredi ha dato per scontata. Mai mollato il comando della partita, mai accusata preoccupazione, mai fatti prendere dalla frenesia, una squadra che ha la calma , la serenità, la sicurezza che appartengono al DNA del tecnico, che ormai ha preso in mano le redini di tutto, diventando lui, senza tema di smentite, il vero “comandante”, lui che aveva parlato chiaro al presidente.

ADL si è lasciato andare ad un “bravissimo” nel primo tweet post gara, e Spalletti aveva chiarito, ovemai ce ne fosse stato bisogno, a Giuntoli, che ormai è assurto al ruolo di primo tra i Direttori sportivi italiani, superando Marotta, ritenuto il re di questa categoria, (riuscendo ad accontentare il bilancio della società, ottenendo, con le cessioni, di recuperare il denaro degli ingaggi, prima che arrivasse la scadenza contrattuale ndr), quali erano i suoi desiderata: ormai gli innesti di Donbelè, di Raspadori, di Navas e, unitamente al già azzurro Simeone, sono da ritenersi acquisiti. Sorge ora il dubbio, dopo aver ammirato le magie dell’undici titolare, nonché della compagine post-sostituzioni, quali lacune può presentare questa squadra, che, forse , ha in Meret, non una debolezza tecnica, ma una eccessiva preoccupazione dettata più dal fattore psicologico, in virtù di errori, e non solo dalla difficoltà di impostare con i piedi la risalita del campo dal basso ( nella gara di esordio anche in quei frangenti in cui aveva questo còmpito, si è districato con sicurezza, lanciando la sfera con precisione verso il compagno che si trovava all’altezza della metà campo ndr)? E la difesa? Nulla da eccepire sulle fasce, dove Rui è stato efficace soprattutto in fase di spinta e di ripartenza: dal suo piede è partita l’azione che si è tramutata, dopo l’assist di Kvara, nel delizioso tocco di Zielinski, per il nuovo vantaggio partenopeo, e, del portoghese, anche l’apertura per Lobotka , la cui cavalcata da centrocampo, si è fermata solo dopo aver sistemato la sfera, con naturalezza, con intelligenza, alle spalle di Montipò. Il polacco è ritornato sul suo effettivo valore, dimostrando di non aver smarrito la classe, smarritasi nello scorso campionato, forse, ma anche senza forse, condizionato dalla lentezza, dalla presenza, dall’eccessiva ricercatezza stilistica nel passaggio, di colui che vestirà, a breve la maglia del PSG: Spalletti non ha resistito a lanciare una frecciatina allo spagnolo Ruiz “…il Napoli vince anche senza chi non vuole giocare con questi colori!”

Sull’altra fascia, Di Lorenzo, investito del ruolo di capitano, non ha potuto che confermare lo stato di inamovibile elemento, indispensabile, sia in difesa che in qualità di assist man ( sua la deviazione di testa su angolo di Rui, che ha dato il “la” alla zampata vincente della testina dorata, Osimhen , nonché dello scambio al limite dell’area avversaria con Politano, che grazie all’ultimo tocco del nigeriano ha messo a segno la rete della “manita” ndr). Per Kim, il voto supera la sufficienza, con la “macchia” sul secondo pari degli scaligeri, ma con una prestazione che, come sottolineato dall’allenatore, “…mi ha ricordato la fisicità di Koulibaly, la spinta fornita dalle retrovie, con un coast to coast, dalla propria rea sino a quella opposta, con il passaggio finale che per una fortunosa ribattuta non ha dato la possibilità a Lozano di entrare nell’elenco dei marcatori. Il trio dei ragionatori e degli incontristi, formato da Lobotka, Anguissa e Zielinski, non ha fatto storcere il muso a nessuno, ivi compreso il trainer, che si è espresso, senza mezzi termini, sulla prova dello slovacco, “… mi ha dato la sensazione di rivedere Iniesta, il regista del Barcellona dei tempi di Guardiola, mai un pallone perso, la capacità nel momento in cui l’avversario cerca di francobollarlo, di girarsi su se stesso, con rapidità, e affondare sul lato debole del marcatore, e, la capacità di trovare la via della rete, con l’intelligenza che contraddistingue le sue giocate.

A questo proposito, è solo e soltanto di Spalletti il merito di aver recuperato, valorizzato, reso il faro di questa compagine, un atleta, dai più, soprattutto da quei tifosi impazienti, bistrattato ( il mancato riconoscimento delle capacità da parte di Gattuso, è bene ricordarlo, gli aveva compromesso il rapporto con la gente ndr), ma non poteva smentire chi lo aveva consigliarlo alla dirigenza, quel Marek Hamsik, suo padrino putativo. Detto di Zielinski, resta da sottolineare la conferma del camerunense, completo nell’arginare i tentativi dei centrocampisti veronesi, funzionale con la sua prestanza, nel saltare con perfetta scelta di tempo, sulla punizione calciata dal “maestro” Rui, e colpire il montante a portiere ormai battuto. Al giudizio della terna di attaccanti, in questo 4-3-3 che piace, che gioca, che stupisce, la palma del voto più alto spetta al georgiano, che raggiunge il sette, aggiungendolo ai due che porta sulla maglia, con una prestazione che non lascia dubbi sulle qualità tecniche, sulla voglia di emergere sin da subito, sull’ottima intesa con i compagni, conosciuti, calcisticamente, poco più di un mese fa, eppure il trainer preferisce evidenziare qualche difficoltà: “ …ha sofferto l’emozione del debutto, la sua indubbia rapidità, ma ha sofferto la marcatura stretta, l’impatto con la difesa assillante, nonostante abbia la velocità dalla sua, la capacità di divincolarsi, e, comunque, può dimostrare ulteriori progressi, può offrire molto di più di ciò che ha mostrato oggi, ed il suo assist per Zielinski, ad occhi praticamente chiusi, mi suggerisce che è utile per sé e per gli altri.” Osimhen, se alla prima opportunità, su imbeccata del mobilissimo Lozano, ha lisciato la conclusione, di una faciIità impressionante, si è riscattato alla grande, prima con il momentaneo vantaggio, a pochi secondi dallo stop per l’intervallo, e poi con i movimenti che aprono, come coltello che affonda nel burro, varchi in favore dei compagni, lasciandosi andare anche ad un simpatico sfottò verso la curva occupata dai supporter di casa, prima stropicciandosi gli occhi, e poi toccandoli con l’indice come per dire “ guardate bene…”.

Il tutto a valle della rete realizzata con un balzo felino per impattare il prolungamento della traiettoria del corner di Rui, con la spizzata di testa del capitano. Una nota di merito anche per i subentranti, Elmas, Politano, Zerbin, Ounas, Olivera, e, se non fosse necessario uno sfoltimento della rosa, alla luce dei nuovi arrivi, li tratterremmo tutti, per non far torto al loro valore, al loro pregio, ai loro meriti. Per Spalletti il commiato a fine intervista è per i l rapporto atleti-tifosi. “Garantisco che attaccato al cuore di questi ragazzi, giovani e meno giovani, vi è la passione che ha questo popolo, questa città, per il Napoli e per Napoli. Cercheremo, ma ci riusciremo, di non deluderli, purchè ci accompagnino sempre, a partire da domenica prossima, lasciando, se possibile, pochi spazi vuoti al Maradona…”

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