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NAPOLI. Leggere quanto scrivevamo dopo le gare di Firenze e quella casalinga con il Lecce, è la testimonianza inappuntabile attestante che l’undici titolare esiste, è vivo e vegeto, ed ha i ricambi ideali per non perdere misure e distanze, per sopraffare avversari di piccolo o grande spessore, e, cosa sempre veritiera, che occorre avere un gruppo di diciotto elementi, capace di non abbassare il livello qualitativo, anche osservando coloro che siedono in panca. Ed a Spalletti vogliamo finalmente riconoscerne i meriti per aver, nell’ordine:
• ricostruito un calciatore che sembrava, a vederlo all’opera con Gattuso, una schiappa autentica, lo slovacco Lobotka;
• affidato ad un uomo d’ordine, di rottura delle trame avversarie, come Anguissa, il compito di essere un alleato di ferro per il collega di centrocampo, ed in tal modo, ergere una barriera difficilmente superabile;
• chiarito con Politano, desideroso di cambiare aria per giocare con continuità, le sue intenzioni, di essere utile alla causa comune, ed al sollecito del trainer le risposte continuano ad essere estremamente positive e fruttifere;
• posto più veti alle cessioni (solo a quella di Koulibaly non è riuscito ad opporsi ndr), tra le quali quella di Zielinski, che, dopo un’annata di alti e bassi (nella seconda parte del campionato scorso aveva deluso e non poco ndr), non poteva e non doveva tradire le attese, la sua classe era obbligatorio evidenziarla per non sfigurare in un complesso che girava e gira alla perfezione;
• accettato, nonostante le riserve mentali sulla scarsa capacità di giocare con i piedi, e infuso coraggio e stima a Meret, dimostrando la capacità di entrare nella psicologia degli atleti, modificandone l’atteggiamento e responsabilizzandoli al punto da ottenere risultati esaltanti (anche ieri è stata strepitosa la prestazione dell’estremo difensore, impeccabile tra i pali, preciso nella partenza dal basso, sicuro nelle uscite ndr).


La gioia, l’entusiasmo, la soddisfazione, lo stropicciarsi gli occhi per non credere ad una partita dominata sin dai primi secondi, sono solo alcuni dei numerosi sentimenti che attraversano il cuore dei tifosi partenopei, che mai come ora vorrebbero giocare una partita ogni giorno, consci della forza di una squadra che sembra un orologio svizzero, mai timorosa, bensì spavalda, giocare un calcio di qualità, essere il Napoli che aggredisce: “ Ho goduto perché abbiamo fatto il Napoli contro una grande come il Liverpool. però bisogna essere lucidi, è una partita che si può fare. Con un risultato come questo ti rendi contro di fare felice tutte le persone che di nuovo hanno riempito il Maradona questa sera e che da tempo aspettavano. Sono contento perché li vedi felici, però domani dobbiamo rifare il Napoli, all’allenamento, nel modo di pensare, nel modo di ragionare. Lo devi far vedere perchè nasce nel modo in cui vinci una partita come questa”.


Molti hanno evidenziato il suo lavoro, esaltando le sue doti: “Non rispondo nulla, abbiamo giocato una grande gara senza presunzione e arroganza. Quando vesti la maglia del Napoli quello che hai fatto stasera devi farlo anche domattina. Non è che contro lo Spezia spegni l’interruttore”. Qualche frecciatina non la risparmia: “In molti denigravano il terzo posto, ma se non avessimo raggiunto quel traguardo, non avremmo gioito per una serata come questa. Pochi hanno ricordato che partite di livello le abbiamo giocate anche nello scorso campionato, e poi ascolto e leggo sempre delle forzature, relative ai cambi, a chi deve giocare, con chi, che hanno l’effetto non gradito di allontanare i giocatori dalla squadra. Il centrocampo ha corso, ha fatto girare la palla, ha recuperato, ha giocato con qualità, ma la partita non la vincono i singoli, ma il gruppo, ed è la compattezza che determina vittorie di questa grandezza.”


Spettacolo nello spettacolo solo per quei “pochi” che non hanno affollato il Maradona, ma rimasti a divertirsi davanti alla tv, l’emozione del “cholito”, la commozione che gli ha inumidito gli occhi dopo pochi minuti dall’esordio in Champion’s, e, a fine gara, dinanzi al microfono, la difficoltà ad esprimere con le parole, strozzate in gola dal tormento di gioia, cosa aveva provato, lui argentino nello stadio dedicato al pibe de oro, il sogno che si trascinava da bambino, testimone il tatuaggio sul braccio, di giocare nella massima competizione europea per club e segnare: “Emozione, emozione, sogno, il gol, gioia immensa…e non riesco a dire altro, credetemi, non mi sembra vero…”. E i tifosi urlano, cantano, si spellano le mani in applausi senza fine, e, cosa più bella, sognano, sognano…..

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