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Una sala cinematografica

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Lucio Battisti, rievocando ricordi d’infanzia, cantava “che ne sai tu […] di un cinema di periferia”, quando si attendeva con ansia e 100 lire in tasca l’apertura della sala per vedere una delle novità del momento. E le generazioni passate questo sentimento di gioia mischiata a uno strano senso d’adrenalina lo ricordano bene mentre quelle di adesso, consapevoli di una profonda assenza culturale, hanno iniziato a programmarlo il cinema, ad unirsi per tenerlo vivo.

Perché un cinema in una periferia per molti diventa il centro del mondo, sociale, culturale, politico. Un atto sociale ma anche un viaggio da intraprendere per scoprire universi, culture, “pensieri e parole”. Ma questo sentimento malinconico trova spazio in diverse realtà che, non senza difficoltà e con grande coraggio, come comete illuminano pezzi di Calabria.

Sono tante le storie di cinema di periferia che hanno abbassato le serrande per sempre. Ad Amantea, che aveva il suo cinema Sicoli, ora la sala più vicina dista oltre 30 chilometri e grazie al festival “La Guarimba” il grande schermo è tornato per “riportare il cinema alla gente e la gente al cinema”.

A Lamezia Terme, nonostante le sue quasi 70mila anime, di sale attive nel centro cittadino non ce ne sono più e per andare a vedere un film bisogna prendere l’auto per raggiungere il multisala The Space, al centro commerciale della vicina Maida. E anche qui, da un’idea di Carlo Carere, un gruppo di giovani ha deciso di portare il cinema in città fondando nel 2011 “Una”, associazione culturale che propone cinema d’autore in lingua originale sottotitolato in italiano. Sono storie di ritorni nella propria terra d’origine, quella dei loro nonni.

Ci sono però anche storie di chi la Calabria non l’ha mai lasciata perché nel cinema c’è nato. Di chi, non senza difficoltà, tiene aperte le sale cinematografiche (in un mondo ideale senza Covid) divenendo fari nella notte. Basti pensare che su due milioni di persone la Calabria conta meno di 40 sale cinematografiche attive, di cui circa 35 iscritte all’ANEC Calabria.

Quella dolce malinconia delle 100 lire in tasca la conoscono bene Franco Gatto e le sue due sorelle che portano avanti l’impresa di famiglia nata oltre un secolo fa: «Per me è come aver vissuto il Nuovo Cinema Paradiso. Da bambino – ci racconta – andavo nella sala del cinematografo e osservavo quei fotogrammi scendere incantato». Siamo nell’alto Ionio cosentino, sulla Costa degli Achei, a Trebisacce, centro turistico da cui scorgere albe memorabili. Era un periodo aureo per l’industria cinematografica italiana quando nel 1910 Domenico Gatto, bisnonno di Franco, aprì il primo cinema di tutta la Piana di Sibari.

Il Cinema Teatro Gatto, 250 posti e tanto amore per il cinema, funzionava alla grande, così, nel 1958, chiuse temporaneamente i battenti per trasferirsi in uno molto più grande, di circa 1000 posti. La famiglia Gatto aveva intuito che la zona era in pieno sviluppo commerciale e turistico, il cineteatro divenne così la scommessa su cui puntare tutto.

Nel 1960 riaprì sulla via principale della città, con annessa arena all’aperto per le proiezioni estive sotto le stelle. Ma il cinema Gatto non riuscì a sopravvivere alla crisi degli anni 80: la mega costruzione fu venduta metà ad una banca e l’altra metà affittata e adibita a deposito per un supermercato vicino. Franco Gatto però non si diede per vinto: «Il desiderio di papà, prima di morire, era quello di vedere nuovamente il cinema Gatto aperto, parte della nostra storia personale e della storia della città. Quindi nel 2002, nella metà adibita a magazzino, abbiamo costruito ex novo un piccolo gioiellino moderno di 300 posti che io e le mie sorelle portiamo avanti nonostante le difficoltà».

Oggi le sale cinematografiche, come gli altri luoghi della cultura, rimangono chiuse ma l’impegno di tanti imprenditori, unito a quello del presidente dell’ANEC Calabria, Giuseppe Citrigno, è quello di cambiare gli accordi con le case di distribuzione. «Ci hanno finalmente concesso di programmare due film nello stesso giorno, di due case distributrici diverse, prima non era consentito. Per un cinema di periferia è un grande passo in avanti».


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