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Giorgia Meloni con Olaf Scholz

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I VENTI di guerra che soffiano dal Mar Rosso; la Germania che finisce nelle secche della recessione. E l’inflazione che rallenta nella sua discesa verso l’obiettivo del 2%, la soglia che dovrebbe convincere la Bce a ribassare i tassi di interesse. Per l’Europa non è proprio un bel momento. Anzi, lo spettro di una brusca frenata dell’economia del Vecchio Continente si è aggirato anche a Bruxelles, dove i ministri economici dell’Eurozona si sono riuniti per il consueto appuntamento dell’Ecofin. Non erano attese decisioni particolari, se si eccettua il via libera alle raccomandazioni politiche per le economie dell’area dell’euro e il confronto con il Fmi sullo stato delle attività.

Ma all’ordine del giorno non poteva mancare, ovviamente, il caso Mes, con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che è stato atteso al varco dai suoi colleghi europei dopo la decisione del Parlamento italiano di non ratificare la riforma del trattato. Un no pesante, dal momento che blocca la seconda gamba del fondo, quello destinato a fare fronte ad eventuali crisi bancarie. Il Commissario Ue per l’Economia, Paolo Gentiloni, guarda avanti: “Il Parlamento è sovrano. Ora, però, bisogna tradurre il rammarico in una nuova spinta per risolvere la questione, non possiamo evitare la possibilità di utilizzo di queste risorse che, peraltro, è sostenuta anche dalla quasi totalità degli altri Paesi”. Escluso, però, un piano B per aggirare il no italiano. Né una riforma della riforma del Mes. Anzi, ieri, dall’Eurogruppo, è arrivato un messaggio molto chiaro: il no dell’Italia al Mes blocca anche l’unione bancaria.

La presidenza belga dell’Ue guarda innanzitutto al cosiddetto “Cmdi”, ovvero la riforma della gestione delle crisi bancarie e l’assicurazione dei depositi, due argomenti particolarmente a cuore anche a Roma. Ma la trattativa non si presenta per nulla facile. A Bruxelles sono infatti convinti che difficilmente i partiti italiani possano trovare un accordo, considerando anche la fitta agenda degli impegni elettorali fino alle urne europee previste per il 9 e il 10 giugno. Ma sotto i riflettori dell’Ecofin c’è stato, soprattutto il tema della crescita. Non c’è un vero e proprio allarme, per ora l’ordine di scuderia è anzi quello di mandare messaggi di fiducia al sistema. Ma se la Germania, tradizionale locomotiva del Vecchio Continente, finisce in recessione i problemi potrebbero diventare seri per tutti. Il Commissario Ue Gentiloni, cerca di rassicurare: “Il ruolo dell’economia tedesca è di particolare importanza, ma stiamo anche considerando la possibilità di un graduale rimbalzo l’anno prossimo, che avrebbe conseguenze anche per altre economie molto legate a quella tedesca”.

Un fatto è certo: la produzione industriale europea continua a rallentare. A novembre c’è stato un ulteriore calo dello 0,3% dopo il -0,7% del mese precedente. Con l’Italia che fa peggio della media mese su mese: -1,5%. A complicare ulteriormente la situazione ci sono poi le tensioni geopolitiche, a cominciare dal Mar Rosso. “E’ una situazione che non dobbiamo sottovalutare – spiega Gentiloni – Per ora non ci sono conseguenze sui prezzi dell’energia e quindi dell’inflazione”. Ma non si possono escludere. La data da cerchiare in rosso è quella del 15 febbraio, quando la commissione aggiornerà le sue previsioni economiche e sarà anche l’occasione per dare una valutazione dell’eventuale impatto della crisi del traffico merci sul Mar Rosso.

Se gli agguati degli Houthi dovessero continuare, potrebbero esserci “possibili ricadute per i prezzi dell’energia e per le catene di approvvigionamento, che potrebbero nuovamente alimentare le pressioni inflazionistiche”, ha spiegato Gentiloni. Sulla linea della prudenza c’è anche il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, che ricorda però come l’economia dell’eurozona, nonostante tutto, continui a crescere anche se più debolmente, dopo un 2023 di forte attività economica. Una situazione che, considerando anche il nuovo contesto geo-economico, potrebbe anche essere considerato un successo.

In realtà si teme che le difficoltà della Germania possano ripercuotersi, prima o poi, sull’intera area mentre la possibile fiammata dei prezzi dovuta alla crisi del Mar Rosso potrebbe ulteriormente allontanare la prospettiva di una discesa dei tassi di interesse da parte della Bce. Anzi, come ha sintetizzato recentemente il capo economista Philip Lane, una revisione dei tassi troppo rapida “potrebbe addirittura essere auto-lesionista”.


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