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I produttori di vino italiani temono gli effetti dei dazi Usa del 20%, con importatori che chiedono prezzi più bassi. Coldiretti evidenzia la vulnerabilità del settore, già provato dai costi, e Cia auspica negoziati e maggiore sostegno nazionale ed europeo su etichettatura e codice della strada.
A pochi giorni dall’entrata in vigore dei dazi aggiuntivi del 20% annunciati dal presidente Donald Trump, si registrano già i primi effetti per i produttori di vino italiani, con la richiesta degli importatori statunitensi di abbassare i prezzi per aiutarli a compensare l’aggravio tariffario ed evitare di dover rinunciare alle quote di mercato acquisite. A rilevarlo è la Coldiretti in occasione dell’inaugurazione del Vinitaly.
Le richieste alle aziende italiane di “venirsi incontro” restringerebbero i margini di guadagno dei nostri vitivinicoltori, già messi a dura prova dai rincari dei costi di produzione legati alla difficile situazione internazionale.
«La batosta trumpiana sul vino Made in Italy svela le crepe di un comparto da 2 miliardi di euro di fatturato sulla piazza americana, la prima per le etichette tricolore, ma anche lungamente in balia di una politica restrittiva e discriminatoria, a livello nazionale e Ue, che il settore non può più sostenere. Mentre auspichiamo, quindi, un negoziato importante rispetto ai dazi Usa, invitiamo l’Europa e l’Italia a fare meglio, adesso, quanto meno su etichettatura allarmistica e Codice della strada». E’ quanto ha detto il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini.
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