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Interviene il Governo per salvare gli impianti di Acciaierie d’Italia ma è inevitabile il divorzio da Arcelor Mittal

LA FUMATA nera era già nell’aria: la possibilità che Invitalia e Arcelor Mittal, soci in Acciaierie d’Italia, nata sulle ceneri dell’ex Ilva, arrivassero a un divorzio consensuale erano ridotte ormai a un lumicino. Ed entrambe le parti stavano preparando una via d’uscita alternativa dall’impasse che tiene in bilico 10mila lavoratori, 20mila se si considerano anche quelli dell’indotto.

Mercoledì il governo ha rotto gli indugi e deciso di procedere sulla strada del commissariamento, dando mandato a Invitalia – controllata del Mef che lo rappresenta in qualità di socio pubblico – di avviare l’iter formalizzando all’ad dell’ex Ilva, Lucia Morselli, la richiesta di ammettere la società alla procedura di amministrazione straordinaria. Una strada preparata dall’esecutivo con l’ok in Cdm, lo scorso martedì, al decreto che all’articolo 1 prevede la possibilità che il socio di minoranza pubblico – Invitalia al momento detiene il 40% delle quote – possa attivare la procedura (il testo è stato bollinato ieri dalla Ragioneria dello Stato per l’invio al Quirinale per la firma e la successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). La risposta dell’ad dovrà arrivare entro 14 giorni, in caso contrario Invitalia potrà chiedere al Mimit di attivare l’amministrazione straordinaria. E’ questo il quadro che la delegazione dell’esecutivo ha illustrato alle organizzazioni sindacali durante l’incontro, ieri pomeriggio, nella sala Monumentale di Palazzo Chigi – preceduto da un vertice di governo – cui hanno preso parte i ministri Raffaele Fitto (Affari Europei) e Giancarlo Giorgetti (Economia), entrambi da remoto, Marina Calderone (Lavoro), Adolfo Urso (Imprese) e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e per i sindacati Michele De Palma (Fiom Cgil), Roberto Benaglia (Fim-Cisl), Rocco Palombella (Uilm-Uil), Giovanni Antonio Spera (Ugl metalmeccanici), Sasha Colautti e Francesco Rizzo (Usb).

A spingere in questo senso, hanno spiegato i rappresentanti del governo, anche la presa d’atto che il 15 gennaio, nonostante la trattativa in corso, Acciaierie d’Italia (AdI) ha presentato istanza presso la Camera di commercio di Milano per la composizione negoziata, un atto considerato un tentativo per prendere tempo e creare una situazione di disturbo. Se la procedura verrà avviata, il governo – è l’impegno assunto con i sindacati – garantirà la liquidità necessaria ad assicurare la continuità produttiva attraverso un prestito ponte di 320 milioni, la somma che aveva messo in campo per l’aumento di capitale. L’amministrazione straordinaria sarà temporanea, una fase transitoria in attesa dell’arrivo di nuovi investitori – da Davos Giorgietti aveva sottolineato che in molti sono interessati a produrre negli stabilimenti di Taranto -: il governo, si legge nella nota di Palazzo Chigi, “è alla ricerca dei migliori partner privati con l’obiettivo di salvaguardare continuità produttiva, livelli occupazionali e sicurezza dei lavoratori”.

Il confronto tra il governo e i sindacati proseguirà con l’apertura nei prossimi giorni – prima che scatti la procedura di amministrazione straordinaria, è la promessa – di un tavolo al Mimit e al ministero del Lavoro cui prenderanno parte anche i rappresentanti delle associazioni datoriali e delle istituzioni locali. Mentre è fissato già per oggi un confronto, in videocollegamento, tra i ministri Urso e Calderone e le associazioni che rappresentano le aziende fornitrici e dell’indotto che chiedono garanzie sui crediti che, temono, l’amministrazione straordinaria potrebbe “trasformare” in carta straccia: si tratta di decine di milioni, 120 per le aziende che fanno capo a Casartigiani, Confapi e Aigi. Per i sindacati l’amministrazione straordinaria è una soluzione «drastica» e «con molte incertezze», ma un passaggio a questo punto obbligato cui devono fare però da contraltare garanzie ben definite.

«Con i ricorsi che sta facendo Mittal non c’è possibilità di soluzione consensuale», ha affermato il segretario generale della Fim, Roberto Benaglia, al termine del tavolo a Palazzo Chigi. «E’ un passaggio difficile ma finalmente cominciamo a vedere il futuro, cominciamo a vedere un 2024 diverso dal 2023», ha aggiunto. «Per noi la via maestra è il ruolo pubblico, il governo sta procedendo con il decreto per l’amministrazione straordinaria, ma il divorzio con Mittal è ormai chiaro», ha sostenuto il segretario della Fiom, Michele De Palma, sottolineando che la priorità ora «è garantire la manutenzione e la sicurezza degli impianti delle acciaierie. Il governo ci ha risposto che ci sono già 320 milioni nel decreto ma abbiamo detto che non bastano. Ci è stato detto che si può intervenire con altre risorse». «Per noi – ha sottolineato – l’occupazione da garantire vale per tutti, compreso l’indotto». Sul fronte politico, caustico il commento del Movimento 5 stelle, per cui con il commissariamento «Meloni e i suoi ministri vogliono reiterare gli errori del passato dando vita a un nuovo film dell’orrore».


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