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Aumentano gli ordini, la produzione e quindi il numero di occupati: è il simbolo che il settore manufatturiero italiano vince in Europa


Nuovi ordini, produzione in crescita, più occupazione: è la primavera dell’industria manifatturiera italiana. Un segnale era arrivato dall’indice di fiducia delle imprese che a marzo era tornato positivo salendo per il manifatturiero da 87,5 a 88,6 con tutte le componenti in miglioramento. Ieri la conferma del soddisfacente stato di salute del settore italiano da parte dell’Hcob Pmi (Purchasing managers’IndexTm), un indicatore di S&PGlobal della performance che tiene conto di nuovi ordini, produzione, occupazione, tempi di consegna dei fornitori e stock di acquisti.
A marzo l’indice ha raggiunto 50,4 in crescita dal 48,7 di febbraio e da un anno ha superato la soglia di 50, anche se l’aumento viene definito marginale. Con il dato di marzo l’Italia sale comunque con la Spagna al secondo posto tra le quattro maggiori economie europee che sono riuscite a raggiungere il traguardo di 50. Un risultato frutto di un balzo significativo rispetto a febbraio e che dimostra come gli ordinativi dell’industria nazionale stiano riprendendo slancio.

Secondo l’analisi l’aumento delle vendite è dovuto ai clienti nazionali poiché è in flessione la domanda estera. I maggiori ordini hanno spinto le aziende a incrementare i volumi produttivi e così si è interrotta la spirale di cali che andava avanti da 11 mesi. L’indagine di marzo ha evidenziato poi il secondo aumento consecutivo di dipendenti anche nelle posizioni amministrative con “il tasso di crescita elevato e il più veloce osservato in un anno”.
Sono state ridotte le scorte di pre produzione per la scelta delle aziende di posticipare gli ordini. E il calo delle scorte è stato in linea con una ulteriore flessione dell’attività di acquisto presso i produttori di beni italiani. Il volume dei fattori produttivi si è comunque contratto a un ritmo più lento rispetto ai mesi precedenti. Le aziende, altro elemento sottolineato dallo studio, hanno scontato al massimo i prezzi di vendita. Il sentiment degli imprenditori è decisamente migliorato sulle future prospettive di produzione. Tariq Kamal Chaudhry, economista della Banca Commerciale di Amburgo, nel suo commento ha sostenuto che ”il settore manifatturiero italiano può tirare un sospiro di sollievo”.

Dopo un anno di difficoltà l’industria italiana è uscita dal cono d’ombra. Ma a creare preoccupazioni è la situazione geopolitica che è alla base della flessione della domanda estera. I rischi sullo scacchiere mondiale sono un motivo di allarme per le industrie italiane che continuano però ad assumere. L’ottimismo non sembra essersi appannato e la speranza è che le condizioni di mercato si stabilizzino. Anche se i venti di guerra non sembrano placarsi.

Se il sistema produttivo italiano non solo tiene, ma ha mostrato segnali di rilancio, quello europeo sembra procedere in una direzione opposta. L’indice che tasta lo stato di salute delle industrie nell’eurozona si è attestato infatti al livello minimo di 46,1 in calo rispetto al 46,5 di febbraio. La produzione manifatturiera europea si è ridotta portando così la fase di declino a un anno. Anche se il tasso di contrazione è diminuito al livello minimo da aprile del 2023 ed è più contenuta la riduzione dei nuovi ordini.
Ci sono comunque anche nell’eurozona segnali che lasciano prevedere un miglioramento della situazione, il problema è che si avverte la pesantezza della difficile condizione di Francia e Germania che con Italia e Spagna rappresentano i tre quarti dell’attività manifatturiera nell’eurozona. E secondo la valutazione di Cyrus de la Rubia, economista presso la Banca Commerciale di Amburgo, “con due nazioni, la Germania e la Francia, che al momento sono più o meno inattive, attualmente assistiamo a una situazione anomala.

D’altro canto, secondo i dati Pmi, l’Italia e la Spagna hanno iniziato la ripresa rispettivamente da marzo e febbraio. Finora, tuttavia, questo non è abbastanza per trascinare l’intera eurozona in modalità di crescita, e una sostenuta svolta economica sarà visibile solo se tutte le quattro nazioni all’unisono ritorneranno in azione”. Insomma bisogna attendere che la locomotiva tedesca esca dalla fase di stallo. Ed è proprio dovuta a Francia e Spagna la previsione a brevissimo termine sul Pil (che include anche i dati Pmi) di un allungamento della recessione del settore manifatturiero dell’eurozona.
Sul fronte dell’area euro sono positive invece le aspettative sull’inflazione dopo il ribasso registrato a febbraio. Dal sondaggio della Bce emerge infatti che i consumatori Ue si attendono un’ulteriore frenata dei prezzi. Secondo le previsioni l’inflazione dovrebbe salire del 3,1% nei prossimi 12 mesi (era +3,3% a gennaio) al livello più basso da febbraio 2022, data di inizio della guerra in Ucraina.

In questo quadro generale il settore manifatturiero italiano non può che brindare ancora una volta alle performance migliori rispetto ai partner europei che storicamente guidavano l’economia. Tutti i dati stanno delineando un quadro nazionale che sembra aver ripreso verve. Per le imprese sono poi in arrivo due decreti sugli aiuti con l’obiettivo – ha spiegato Nicola Calandrini, presidente della 5a Commissione Bilancio – di semplificare le numerosissime misure per le aziende, ma anche verificarne l’efficacia per evitare sprechi. Gli aiuti – ha aggiunto – saranno mirati a incentivare investimenti, ricerca e sviluppo, lavoro e sostenibilità ambientale”.

E ieri in occasione della presentazione della Giornata nazionale del made in Italy, che si terrà ogni anno il 15 aprile, il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha ribadito come i prodotti italiani siano “belli, buoni, benfatti e anche sostenibili”, sottolineando la qualità nei settori delle quattro A, alimentare, abbigliamento, arredo e automazione. Si tratta dei settori che stanno manifestando una particolare vivacità, anche per quanto riguarda l’export, e che dunque contribuiscono a tenere alta la bandiera dell’industria nazionale. Se poi si aggiunge un’altra perla italiana, il turismo, il quadro si arricchisce di luci.

La prova del nove delle festività pasquali sembra essere riuscita con quasi 11 milioni di italiani in viaggio per un giro di affari vicino ai 4 miliardi. Con buone performance di tutte le località, dal mare alla montagna, dalle città d’arte ai piccoli borghi. E l’exploit dell’agriturismo, una formula sempre più gettonata. Sono ormai vicine a 26mila le aziende che offrono ospitalità in aziende agricole con il valore della produzione agrituristica che ha raggiunto, secondo i dati elaborati da Coldiretti, 1,5 miliardi grazie a 15,5 milioni di presenze di cui il 58% costituito da stranieri.


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