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Giorgia Meloni

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Per evitare la tempesta perfetta italiana Giorgia Meloni riveda subito l’ordinamento delle esenzioni della spesa pubblica per fare cuneo fiscale e Irpef non più tutto in extradeficit. Che va ridotto almeno di 5/6 miliardi insieme con l’annuncio esecutivo delle privatizzazioni del 2024, di un ciclo di riforme e rilancio di investimenti pubblici e privati. È l’unico modo serio per fermare il cortocircuito nel quale siamo finiti facendo tutto da soli e cambiando la percezione dell’Italia su crescita, deficit e debito.

Abbiamo detto prima di tutti che il problema era italiano e che il riferimento al 2011 era improprio perché allora era a rischio l’euro ed eravamo nel mirino dei mercati in compagnia di portoghesi e spagnoli dopo che la Grecia era stata fatta fuori mentre ora le attenzioni sono tutte su di noi. Abbiamo avvisato per tempo che da agosto, dopo lo scivolone sulla tassa sugli extraprofitti bancari, la percezione dei mercati sull’Italia era cambiata e, indipendentemente dal riflesso evidente per tutti delle decisioni americane e europee sui tassi, esisteva uno specifico rischio italiano legato alla frenata della crescita e, di conseguenza, alla minore sostenibilità dell’enorme debito pubblico che grava su tutti noi.

Adesso la situazione, continuando ad occuparsi di altro, non firmando il Mes e alimentando una polemica elettorale al giorno, è oggettivamente peggiorata ed è quella che è. Siamo al 5% di rendimento decennale sui Btp, un punto e mezzo in più di quello che pagano i portoghesi, un punto in più di quello che paga la Spagna, oltre mezzo punto in più addirittura della Grecia anche se la gran parte del suo debito non è sul mercato ma nelle mani delle principali istituzioni europee.

C’è un elemento che deve ancora di più preoccupare: anche quando il mercato prende un po’ di respiro e i rendimenti scendono per tutti nonostante gli annunci della Federal Reserve o le parole in libertà di donne e uomini della Bce, l’unico titolo sovrano ad andare in controtendenza è quello italiano.

Noi paghiamo sempre di più di spesa per interessi sui titoli che andiamo a collocare e mentre tutti chiudono i deficit e riducono le emissioni noi aumentiamo il primo e le seconde dovendo cacciare ancora più soldi e sottraendo altre risorse a quella crescita che è necessaria per ridurre il peso del debito sul nostro prodotto interno lordo. Questo è ciò che conta davvero, molto di più dello spread che ha superato quota 200. Perché anche nel passato recente lo spread era salito ancora più in alto, ma pagavamo molto meno di spesa per interessi.

Prima che arrivi il segnale delle agenzie di rating all’Italia, si parte tra venti giorni con Standard & Poor’s e si arriva al 17 novembre con il giudizio più temuto che è quello di Moody’s, diamo noi un segnale a loro e ai mercati. Serve un provvedimento urgente del governo Meloni, da lei personalmente rivendicato con la stessa determinazione che ebbe in momenti altrettanto difficili la Thatcher nel suo Paese, che riguardi l’ordinamento delle esenzioni e delle mille trappole della spesa pubblica per fare quello che si deve fare non più tutto sostanzialmente in extradeficit.

Semplicemente perché non ci possiamo permettere un debito sostanzialmente stabile intorno al 140% del quale peraltro tutti dubitano e con la clausola tedesca del nuovo patto di stabilità e crescita europeo che aleggia sulla testa di ognuno di noi.

Dobbiamo fare subito cinque/sei miliardi di spending review togliendo almeno due decimali all’extradeficit e annunciando un programma serio di privatizzazioni che segnali ai mercati che cosa e come si intende vendere l’anno prossimo.

I mercati valutano che abbiamo previsto un extradeficit di 15,7 miliardi sul 2024 e di 23 miliardi tra il 2023/2025. Sanno anche che lo facciamo per rinnovare la riduzione del cuneo fiscale e fare un piccolo taglio all’Irpef e che abbiamo il dovere di prendere misure anti cicliche. Ora, però, l’Italia vista la percezione sbagliata che continua a dare di se stessa con provvedimenti maldestri, l’ostinazione sul Mes e alcune incongruenze europeiste dei suoi alleati dell’Est, deve con urgenza assoluta dare il segnale di ridurre di almeno di 5/6 miliardi l’extradeficit accompagnando questa decisione con l’annuncio esecutivo di un ciclo di riforme vere a partire dalla concorrenza e un segnale forte di chiamata a raccolta sugli investimenti pubblici e privati.

È l’unico modo serio che abbiamo per fermare il cortocircuito nel quale siamo finiti facendo questa volta tutto da soli pensando a solleticare la pancia degli elettori e mettendo a rischio il sorprendente consenso straordinariamente acquisito di mercati e istituzioni europee nei primi sei mesi di governo Meloni.

Siamo tornati ad essere i sorvegliati speciali, la stampa anglosassone ha già dato segnali molto precisi, soprattutto dai mercati arrivano le conferme meno gradite per cui occorre agire prima che la situazione di attesa in cui sono ancora collocati molti degli investitori globali nei confronti dell’Italia si traduca in una decisione di uscire dal Paese. Se riuscissimo a fare tutto questo, verrebbero forse fuori anche quei quattro miliardi che servono per rilanciare la sanità pubblica che è un problema drammaticamente avvertito da tutti.

Soprattutto si ricreerebbero quelle condizioni di fiducia che sono state all’origine del miracolo economico della stagione di Draghi che oggi pesa, purtroppo, come un macigno sulla testa di chi ha preso il suo posto. Perché gli investitori si chiedono come mai si era riusciti in meno di due anni ad abbassare il rapporto debito Pil dal 155 al 140% e ora si prevede che per tre anni rimaniamo lì mentre tutti scendono e annunciamo, per di più, nuovi extradeficit per cui nessuno nemmeno crede che il debito rimarrà fermo davvero.

Se è possibile fermare questa girandola internazionale, anche in parte fruttuosa, sui migranti e concentrarsi sul problema di sopravvivenza che ha il governo e riguarda l’economia, lo si faccia ora, non domani. Perché domani sarebbe troppo tardi e tutto il rumore su complotti e complottini che inevitabilmente si leverebbe, non servirebbe a risolvere il problema.


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