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L’INFLAZIONE scende oltre le attese, la fiducia di consumatori e imprese sale oltre le stime. Succede in Italia e negli Usa aprendo la strada al taglio dei tassi da parte delle banche centrali. Secondo le previsioni le riduzioni dovrebbero cominciare a marzo. L’Istat ha comunicato che “a dicembre, il clima di fiducia delle imprese (da 103,5 a 107,2) torna ad aumentare dopo quattro mesi negativi e raggiunge il livello più elevato da luglio. L’aumento dell’indice è determinato dal comparto dei servizi e da quello delle costruzioni”. E “l’indice di fiducia dei consumatori (da 103,6 a 106,7) aumenta per il secondo mese consecutivo e si riporta, anch’esso, sul livello di luglio 2023”.

Il rialzo coincide con la forte diminuzione del carovita. A novembre l’inflazione annuale è precipitata a 0,7%, “tornando a livelli prossimi a quelli del febbraio 2021 (+0,6%)”. Un calo che ha risentito ancora una volta “del favorevole andamento dei prezzi dei beni energetici. Un contributo al rallentamento dell’inflazione si deve inoltre alla dinamica dei prezzi di alcune tipologie di servizi (ricreativi, culturali e per la cura della persona e di trasporto) e alla nuova decelerazione dei prezzi degli alimentari in particolare della componente lavorata, che esercita un freno alla crescita su base annua dei prezzi del ‘carrello della spesa”, sottolineava l’istituto di statistica una settimana fa. Anche negli Usa, la fiducia dei consumatori secondo l’Università del Michigan è stata rivista al rialzo a 69,7 a dicembre, raggiungendo il valore più alto in cinque mesi: le aspettative di inflazione per il prossimo anno sono scese al 3,1% dal 4,5 di novembre, segnando il livello più basso dei tassi registrato da marzo 2021 e in linea con la stima preliminare.

Inoltre, le aspettative per le prospettive quinquennali sono calate al 2,9% al di sotto del 3,2% di novembre. Il dato odierno sulla cosiddetta inflazione Pce, che misura i prezzi delle spese personali e per questo è l’indice preferito dalla Fed, a novembre ha rallentato al +2,6% rispetto allo stesso mese di un anno fa, sotto le attese di un +2,8% e in calo dal +2,9% di ottobre. Escludendo generi alimentari ed energia, l’indice dei prezzi Pce ‘core’ è cresciuto del 3,2% annuale, in calo dal +3,4% di ottobre e anch’esso sotto le stime di +3,3%. Tutte queste percentuali spingono così le aspettative verso un taglio dei tassi d’interesse negli Usa nella primavera 2024, il che significa in prospettiva una riduzione dei costi immobiliare o degli interessi su prestiti e carte di credito.

C’è una differenza però tra Usa ed Europa: l’industria. Oltreoceano i nuovi ordini di beni durevoli sono aumentati del 5,4% mensile a novembre, invertendo il calo del 5,1% di ottobre e superando significativamente le aspettative del mercato di un +2,2%. Si è trattato del più grande aumento negli ordini di beni durevoli da luglio 2020. I mezzi di trasporto, anch’essi in crescita di due degli ultimi tre mesi, hanno guidato l’aumento, con un +15,3%. La fine degli scioperi nel settore automobilistico e i maxi piani varati dall’amministrazione Biden per attirare investimenti e insediamenti produttivi sta tenendo lontana la recessione. In Europa invece si segnala il terzo trimestre consecutivo in contrazione dell’Olanda e in generale la crescita zero o sottozero dell’Eurozona, soprattutto a causa proprio dell’industria.

Per quanto riguarda l’Italia, la manifattura a novembre ha continuato a risentire del deterioramento delle condizioni della domanda, con contrazioni notevoli sia della produzione che degli ordini di fabbrica. Inoltre, le aziende hanno visto diminuire i carichi di lavoro e hanno ridotto il numero di dipendenti nella misura maggiore dal luglio 2020. L’indice Pmi ha registrato un valore di 44,4 lo scorso mese (sopra 50 c’è espansione e sotto contrazione), in calo rispetto al 44,9 di ottobre, segnalando un forte deterioramento della salute del settore manifatturiero italiano.


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