X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

CORREVA l’anno di grazia 2003, e lo spread BTp/Bund per l’Italia era a quota 6 e rotti, il più basso da sempre: uno spread così modesto indicava che i titoli di Stato dell’Italia erano considerati tanto affidabili quanto i titoli tedeschi. L’Italia era entrata nell’euro da pochi anni, e godeva ancora della luna di miele – e, è bene ricordare, era stata la Germania e non l’Italia che, nel 2002 e nel 2003 aveva violato per prima il famoso limite del disavanzo al 3% del Pil. In effetti, si potrebbe scrivere una storia dell’economia italiana a partire dallo spread, quella stenografica rappresentazione della fiducia dei mercati dell’economia. Dietro lo spread non ci sono solo i tormenti dei deficit e dei debiti pubblici. I mercati sono meno ossessionati dei tedeschi sulle “colpe” del debito (in tedesco Schuld=debito=colpa) e sanno che anche alti debiti sono sostenibili se l’economia cresce.

Nello spread convergono quindi i giudizi sulle finanze pubbliche, sulle prospettive di crescita dell’economia e – da ultimo ma non in ordine di importanza – sulla stabilità del governo. Che cosa c’è, allora, dietro la recente discesa di questo cruciale divario? Il grafico ci mostra come lo spread fosse andato diminuendo nell’annus horribilis della pandemia. In effetti, qualcosa di simile era già successo ai tempi della Grande recessione (2008-2009). Gli shock all’economia sono comuni, e questo mal comune si portava il mezzo gaudio di una patente di fiducia nelle finanze pubbliche, che venivano supportate dagli interventi doverosi ed efficaci delle Banche centrali nei mercati dei titoli pubblici. Rendimenti e spread, che erano stati schiacciati dalla debolezza delle economie e dalla generosità delle politiche monetarie, andarono risalendo nel corso del 2021, di seguito alla forte ripresa dell’economia. Si potrebbe dire che la ripresa dell’economia giustifica rendimenti più elevati, ma non necessariamente aumenti più forti rispetto a quelli del Bund tedeschi.

Tuttavia, ed è questa una caratteristica dello spread, le sue evoluzioni sono asimmetriche: quando i tassi aumentano, in Italia aumentano più che altrove (lo spread aumenta) e quando i tassi diminuiscono, da noi diminuiscono più che altrove (lo spread cala). Questa asimmetria affonda le sue ragioni nel nostro alto debito pubblico: quando i tassi aumentano, l’impatto sul bilancio italiano è più alto rispetto all’impatto sui bilanci degli altri Paesi, che hanno da servire un debito meno pesante. E l’opposto vale quando i tassi si riducono: è più grande il vantaggio per l’Italia, che guadagna qualche grado di libertà nella gestione delle finanze pubbliche. Ma i rendimenti dei BTp continuarono ad aumentare: alla forza dell’economia si sommavano le incertezze legate a quella fragilità politica che avrebbe portato alla sciagurata rimozione di Mario Draghi. I livelli più alti si diedero nei mesi a cavallo delle elezioni dell’autunno 2022, con le incertezze connesse (incertezze che riguardavano non tanto chi le avrebbe vinte – questo era scontato – ma cosa avrebbe fatto il nuovo governo). In questo fine del 2023, e a 14 mesi dall’insediamento del governo Meloni, che cosa ci dice lo spread?

Tutto sommato, ci dà buone notizie. I rendimenti dei BTp oggi sono alquanto al di sotto di quelli vigenti nell’ottobre 2022, e così si dica dello spread, che pure ha conosciuto alti e bassi. Il parto complicato della Legge di bilancio aveva portato a incertezze, che però si sono dileguate una volta che il provvedimento è stato portato all’approvazione. Sulla discesa recente ha giocato molto anche l’andamento cedente dei tassi di mercato per i titoli pubblici in giro per il mondo: la Banca centrale americana ha detto – sottovoce ma chiaramente – che i tassi non saranno più ritoccati verso l’alto, il che vuol dire che la mossa prossima ventura sarà verso il basso. E lo stesso si può evincere dalle esternazioni (ancora più sottovoce) della Banca centrale europea. I mercati sono stati lesti a spingere i rendimenti verso il basso, e, grazie all’asimmetria di cui sopra, i nostri spread sono diminuiti di conserva ai rendimenti.

Abbiamo detto sopra che il giudizio dei mercati, incapsulato nel divario dei rendimenti, si vale anche delle prospettive di crescita. Una crescita che per Italia nell’anno entrante si preannuncia ancora modesta, ma in questo caso i rischi sono verso l’alto, grazie alla risalita del potere d’acquisto dei salari (l’inflazione è calata e la dinamica salariale sta accelerando), e grazie agli investimenti del Pnrr. Infine, come abbiamo ricordato, i mercati guardano anche alla stabilità politica. Su questo punto, e malgrado le fibrillazioni in vista delle elezioni europee, i mercati sono (giustamente) convinti che, per la prima volta da molto tempo, questa legislatura manterrà lo stesso Governo per tutti in cinque anni. Gli auguri (e gli scongiuri) sono d’obbligo.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE