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L’indice delle costruzioni continua a crescere e trainare l’economia in Italia anche quando gli effetti del superbonus si assottigliano di molto

“Quand le bâtiment va, tout va”, dicono i francesi. E qui hanno ragione. L’industria delle costruzioni ha un indotto molto lungo e molto largo. Non tanto e non solo nel senso di attivare la produzione di input di varie forme e spessori, ma anche nel senso di tirarsi dietro tante altre spese. Una volta costruite case e fabbriche, queste devono essere riempite di mobili, elettrodomestici e macchinari assortiti. E le costruzioni sono un settore a basso contenuto di importazioni, talché le ‘perdite’ (‘leaks’) del moltiplicatore sono contenute: cioè a dire, non vanno a beneficiare la produzione di altri Paesi, ma si mantengono in maggiore misura all’interno del valore aggiunto nazionale.

Altre misure statistiche ci potrebbero fornire una lettura più tempestiva del polso dell’economia, se solo fossero disponibili a scadenze più ravvicinate. L’indice della produzione nelle costruzioni (vedi grafico) di novembre è stato comunicato venerdì (19 gennaio), con 50 giorni di ritardo sul mese di riferimento. Che è già tanto, seppure in linea con i ritardi nell’omologo dato per l’Eurozona nel suo insieme. Data l’importanza del bâtiment, si vorrebbero statistiche più tempestive (quali sono disponibili negli Stati Uniti). E non solo per le costruzioni, ma anche per la produzione industriale e per le vendite al dettaglio (nei due ultimi casi, si hanno i dati a soli quindici giorni di distanza dal mese di riferimento).

Anche i permessi di costruire, così come i dati relativi a mutui e compravendite immobiliari sono disponibili in Italia con ritardi tali da non farne strumenti di analisi congiunturale. Si potrebbe pensare che le compravendite e i mutui non abbiano effetti economici (a parte le pingui parcelle dei notai), ma sarebbe sbagliato. Come sa chiunque abbia comprato una casa nuova e venduta quella vecchia, il passaggio nella novella dimora comporta sempre, a parte ovviamente le spese di trasloco, altre spese piccole e grandi per interventi di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione o di ammobiliamento…

Ma torniamo al grafico, che ci dà alcune interessanti informazioni. La prima è che, dal 2015 (anno base dell’indice) a oggi l’indice delle costruzioni (che riguarda sia quelle residenziali che non residenziali, e sia nuovi manufatti che la manutenzione di quelli esistenti), in Italia è cresciuto più che nell’Eurozona. Certamente, l’involo dell’indice a partire dal 2021 deve molto ai famosi o famigerati superbonus, che hanno gonfiato oltre misura la manutenzione ordinaria e straordinaria di millanta edifici (Leo Longanesi usava dire che “Gli italiani preferiscono l’inaugurazione alla manutenzione”, il che è certamente vero, se si pensa alla mancata manutenzione che fu all’origine della tragedia del Ponte Morandi – ma bisogna anche dire che, nel caso dei superbonus, sembra si sia esagerato nella manutenzione…).

Comunque, il grafico ci mostra anche che l’indice delle costruzioni continua a crescere, pur quando gli effetti delle spese da superbonus si assottigliano di molto: come recita l’Istat, nel suo comunicato, «A novembre 2023, l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni registra il quarto incremento mensile consecutivo, raggiungendo i livelli più alti da maggio 2022. La crescita si conferma anche su base trimestrale». La buona performance di questo cruciale settore – tanto più buona tenendo conto che nel recente passato le spese per le costruzioni erano drogate dai superbonus – fa sperare che il Pil del quarto trimestre possa tornare a un sia pur modesto segno positivo.

Guardando avanti, nel 2024, queste spese dovrebbero essere supportate dagli investimenti del Pnrr. Quest’anno è un anno bisestile, ma il detto “Anno bisesto, anno funesto” non si applica all’economia: avere 366 giorni di attività economica invece di 365, dà una piccola spinta (un 0,3% scarso) al Pil 2024. Non lo vedremo nei dati mensili, dato che le procedure di destagionalizzazione correggono anche per l’anno ‘bisesto’, ma lo vedremo nei dati annuali.


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