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Giancarlo Giorgetti

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Secondo le prime anticipazioni che filtrano dal ministero dell’Economia le entrate fiscali 2023 sono più del previsto

È un brindisi dolce-amaro quello in programma, a fine anno, dalle parti di via Venti Settembre, la sede del ministero dell’economia. La Ragioneria sta limando le ultime cifre del bilancio 2023, via via che arrivano i dati dell’Agenzia delle Entrate. E, secondo le prime indicazioni che il Quotidiano del Sud è in grado di anticipare, le notizie sono di due segni diametralmente opposti: ottime dal punto di vista delle entrate fiscali, con un extra-gettito che a fine anno potrebbe superare di 10 miliardi le previsioni contenute nella Nadef; pessime se ci si sposta sul fronte del superbonus del 110%, dove l’onere a carico delle casse dello Stato potrebbe lievitare fino a 20 miliardi oltre le stime iniziali.

Un trend che, di fatto, rischia di “mangiarsi” tutto il “guadagno” in termini di entrate fiscali messo a segno dal governo in dodici mesi certo non facili. Un’emorragia senza fine: nasce, probabilmente proprio da questi numeri il muro di sbarramento che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha eretto contro tutte quelle forze, anche della maggioranza, che hanno premuto per una proroga del maxi-incentivo per l’edilizia in manovra. Prima di qualsiasi decisione, anche minima, ha fatto sapere il responsabile del dicastero di via Venti Settembre, occorrerà attendere i dati definitivi che, tecnicamente, si “assesteranno” solo dopo la seconda metà di gennaio.

ENTRATE FISCALI 2023 IN AUMENTO MA ORA SI GUARDA ALLA LEGGE DI BILANCIO

Concetti che, probabilmente il ministro Giorgetti ribadirà anche oggi, in Commissione Bilancio della Camera, nel corso dell’audizione che di fatto segnerà il rush finale della Legge di Bilancio. La tabella di marcia è davvero molto serrata: il provvedimento dovrà tagliare il traguardo dell’approvazione definitiva entro il 29 dicembre. Oltre, infatti, si aprirebbe il baratro dell’esercizio provvisorio. Uno scenario che il governo non vuole neanche prendere in considerazione. Al centro dell’audizione anche le ultime polemiche sulla revisione del trattato del Mes, il Fondo Salva Stati, bocciato la scorsa settimana dai deputati, nonostante le aperture del ministro dell’Economia sulla sua approvazione anche da parte dell’Italia, l’unico Paese europeo a non aver firmato l’accordo.

Ma l’attenzione, per ora, resta concentrata sui numeri della finanza pubblica. E, al Mef, non si nasconde una forte soddisfazione per l’andamento del gettito fiscale. A ottobre, nei primi dieci mesi, le entrate erano aumentate di 4,5 miliardi rispetto al 2022. Ma il vero boom è previsto a dicembre, quando confluiranno i dati delle scadenze fiscali di fine anno. I numeri che circolano al ministero dell’Economia in queste ora raccontano di un’extra-gettito rispetto alle già ottimistiche previsioni contenute nella Nadef (la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza) che potrebbe toccare i 10 miliardi di euro. Un risultato niente affatto scontato, soprattutto dopo le ultime stime dell’Istat che hanno registrato un rallentamento dell’economia.

LA CRESCITA DELLE ENTRATE FISCALI 2023 DIMOSTRA CHE L’ITALIA VA AVANTI

Le entrate fiscali dimostrano, invece, che l’Azienda Italia continua ad andare avanti e a macinare utili nonostante i venti contrari che arrivano dagli scenari di guerra dell’Ucraina e del Medioriente. Infatti, sempre secondo quanto il Quotidiano del Sud è in grado di anticipare, gira a pieno regime il gettito dell’Irpef e dell’Ires. A rimpinguare le casse dello Stato c’è stato anche il venir meno delle agevolazioni previste per contrastare il caro-energia, a cominciare dallo stop al taglio delle accise sulla benzina. Rallenta, invece, l’Iva ma solo per la componente relativa alle importazioni, mentre se si considerano i consumi interni, il gettito tiene il passo rispetto alle previsioni del ministero.

La nota di aggiornamento al Def, infatti, prevedeva per il 2023 un aumento di 18 miliardi delle imposte dirette (+6,3%) e di 14 miliardi per quelle indirette (+4,9%), per una crescita complessiva di +5,6%. Va, comunque, sgombrato il campo da eventuali equivoci: questo incremento non è riconducibile ad un aumento del carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese, ma dalla combinazione di alcuni aspetti congiunturali distinti, come una moderata crescita economica avvenuta nel 2023, l’aumento dell’inflazione, l’incremento dell’occupazione e il rinnovo di alcuni contratti di lavoro. Va anche ricordato che con la fine del 2022 è venuto meno anche il taglio delle accise sui carburanti. Misura, quest’ultima, che aveva trovato applicazione per una buona parte dell’anno scorso.

IL PROBLEMA DEGLI INCENTIVI ALL’EDILIZIA

Fino a qui le buone notizie. Quelle cattive, invece, arrivano dal fronte degli incentivi per l’edilizia. Al Mef mancano ancora le stime definitive ma ci si prepara al peggio. Fra gennaio e novembre di quest’anno il maxi-contributo del 110% sulle ristrutturazioni è costato 4,6 miliardi al mese. Un trend che potrebbe addirittura essere più pesante a dicembre, soprattutto per la scadenza relativa al completamento dei lavori per non perdere l’aliquota massima dello sconto fiscale. Tradotto in soldoni, significa che il carico sul superbonus sul deficit (secondo i calcoli imposti da Eurostat) potrebbe essere superiore alla previsioni fra i 10 e i 20 miliardi, azzerando di fatto tutto il “tesoretto” accumulato dal Tesoro nel capitolo delle entrate fiscali.

Non è escluso, insomma, un ritocco all’insù del rapporto deficit Pil fissato dal governo a quota 5,3% nonostante l’extra-gettito del 2023. Una variazione che, comunque, non dovrebbe incidere sulle valutazioni della Commissione Europea, dal momento che le nuove regole del Patto di Stabilità, compresa quella del 3%, entreranno in vigore solo a partire dal prossimo aprile. Per questo, nell’ultimo Consiglio dei ministri di fine anno, è categoricamente esclusa l’ipotesi di una proroga del Superbonus del 110% anche nel 2024, quando il contributo calerà al 70%. In compenso potrebbe esserci solo qualche modifica tecnica per consentire una rendicontazione straordinaria dei “Sal” a fine anno o consentire alle imprese di mantenere il 70% dello sconto in fattura anche se i condomini non mettono mano al portafoglio pagando l’Iva sulla restante quota del 30%. Un modo per evitare gli inevitabili contenziosi che rischiano di complicare ancora di più la storia del Superbonus.


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