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Isabel Schnabel

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Schnabel promuove l’Italia ma torna a vestire i panni del falco sul taglio dei tassi: «Dobbiamo essere cauti, perché l’ultimo miglio della lotta all’inflazione è il più difficile»


È un quadro con molti punti di luce quello che fotografa la performance dell’economia italiana illustrato da Isabel Schnabel. L’economista tedesca “seduta” tra i banchi dei falchi nel board della Bce, intervenuta all’università Bocconi di Milano con una lecture sul tema “La lotta all’inflazione è stata vinta?”.

Nelle fasi più recenti “in Italia si è assistito a una crescita economica relativamente solida”, allo stesso tempo il processo disinflazionistico è stato “più veloce” rispetto alla media dei Paesi europei. Lo spread italiano sovrano “è su livelli molto bassi”, mentre gli investimenti pubblici e privati viaggiano con un ritmo sostenuto con il Pnrr a fare da principale traino: un’infilata di “giudizi” positivi – corroborati da una serie di grafici che “raccontano” di un’economia in buona salute – messi nero in un documento che non ha, tuttavia, trascurato le note dolenti per il sistema economico tricolore, come le “vulnerabilità fiscali” dovute a “un rapporto debito/Pil molto più alto di quello dell’Eurozona” che richiede una forte spinta sulla crescita, o la produttività in frenata, legata una struttura economica fatta prevalentemente di piccole imprese.

ISABEL SCHNABEL E IL RICONOSCIMENTO DEGLI SFORZI COMPIUTI DALL’ITALIA

Il riconoscimento degli sforzi compiuti dal Paese, da sempre considerato fanalino di coda della Ue, acquista un particolare valore dal momento che arrivano da chi come Schnabel non ha mai risparmiato stoccate al Belpaese per la gestione “disinvolta” del debito: “Ai governi non piacciono gli aumenti dei tassi. Pesano sulla posizioni di bilancio perché rendono più costoso emettere nuovo debito”. Fu l’affondo in risposta alle forze della coalizione di maggioranza targata Meloni. Forze salite sulle barricate contro i continui rialzi anti-inflazione “portatori” di effetti depressivi sulla crescita.
Di fronte alla platea dell’ateneo meneghino, Schnabel ha rilevato che dopo la pandemia la crescita in Italia “si è sviluppata leggermente meglio di quella dell’Europa nel suo complesso”. Sul fronte dell’inflazione, poi, anche se il picco è stato “più alto” di quello dell’Eurozona, “il processo di disinflazione è più rapido” e ora la corsa dei prezzi si attesta “ben al di sotto del 2%”.

Inatteso il trend dello spread, che è rimasto “molto, molto basso”. Una cosa “notevole – ha sottolineato – perché abbiamo avuto il più rapido ciclo di rialzi” dei tassi della storia “e nonostante questo lo spread italiano è rimasto contenuto”. La resilienza dello spread italiano, secondo l’economista tedesca, è attribuibile “alle politiche nazionali” messe in campo, ma anche al “programma Tpi (Transmission Protection Instrument)”, ovvero lo scudo anti-spread introdotto lo scorso anno dalla Bce.

LE VULNERABILITÀ E IL PESO DEL DEBITO PUBBLICO

Le note dolenti. Il nostro Paese presenta “vulnerabilità fiscali”, dovute al peso del suo debito pubblico: la sua incidenza sul Pil “sta ben al di sopra dell’insieme dell’area euro e questo resta una preoccupazione”, ha affermato. Bisogna, quindi, invertire la rotta. Ma “il risanamento dei conti da solo non basta se l’economia non cresce”, ha sostenuto Schnabel. L’Italia deve “concentrarsi quindi maggiormente sulla crescita a lungo termine – che “negli ultimi decenni è stata molto sotto tono” – “e questo – ha puntualizzato – è vero anche per l’Europa nel suo complesso”.

Un altro elemento di criticità del sistema economico italiano è la lenta crescita della produttività italiana, frenata – è la tesi – dall’elevato numero di piccole imprese. “In Italia il 70% dei lavoratori dipendenti sono impiegati in un’impresa con meno di 50 dipendenti, mentre negli USA sono meno del 25%. È plausibile pensare che questa struttura dell’economia possa essere una delle ragioni per cui la crescita della produttività sia stata così lenta in Italia” negli ultimi decenni, ha spiegato illustrando le slide che mostravano il divario di crescita della produttività tra gli Usa e le maggiori economie Ue. Questo divario ha iniziato ad allargarsi a partire dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso e gli inizi del 2000, quando venne adottato l’euro. Da allora la produttività nella Penisola si è mossa molto a rilento, più lenta sia rispetto agli Usa che alle altre grandi economie Ue.

SCHENABEL, MA L’ITALIA RESTA UN CASO PER LA CRESCITA LENTA DELLA PRODUTTIVITÀ

Il “caso” Italia per Isabel Schnabel si inserisce in uno scenario economico debole – con la locomotiva tedesca in panne (- 0,3% il Pil nel quarto trimestre, – 0,3% su base annuale), ma che mostra segnali di ripresa: l’economia dell’Eurozona “sta toccando il fondo e si sta gradualmente riprendendo”, sostenuta dalla ripresa dei consumi e dal rialzo dei salari, ma anche dovuta al fatto che “abbiamo superato il picco dell’impatto della politica di restrizione monetaria”.

La strada ora è in discesa ma – è qui torna a “volare” il falco – “non dobbiamo essere precipitosi, bisogna essere prudenti e cauti fino a che non saremo certi che l’inflazione è avviata in modo stabile verso il target del 2%”. “Il sogno dei banchieri centrali è vincere la battaglia contro l’inflazione senza causare una recessione” e questo è un obiettivo “a cui lavoriamo”, però – ha avvertito – dobbiamo “stare attenti a non allentare le condizioni finanziarie troppo presto” perché “l’ultimo miglio” della lotta all’inflazione “è il più difficile”.


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