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Fabio Panetta

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Secondo BankItalia, nel 2024 il Pil salirà dello 0.6%, il forte calo dell’inflazione riflette una discesa dei prezzi dei beni energetici, del gas soprattutto, più rapida del previsto


Una crescita contenuta nel 2024, con un Pil in aumento dello 0,6%, un’inflazione che scende in picchiata dal 5,9% della media 2023 all’1,3%. Consumi in decisa ripresa, grazie al recupero del potere d’acquisto delle famiglie, investimenti in frenata, rianimati dalla spinta del Pnrr. È in estrema sintesi il quadro tracciato da Bankitalia nelle previsioni macroeconomiche per l’economia italiana per il triennio 2024-2026.

Per quest’anno gli economisti di Palazzo Kock “vedono” una crescita moderata, confermando l’aumento del Pil dello 0,6% messo nero su bianco nelle previsioni di dicembre, dello 0,8% il dato non corretto per le giornate lavorative, confrontabile con la stima dell’1% che il governo dovrebbe scrivere nel Documento di economia e finanza atteso martedì in Consiglio dei ministri. Un dato, quello di Bankitalia, inferiore a quello degli altri previsori istituzionali: +0,7% la crescita nel 2024 vista da Commissione europea, Fmi, Confcommercio e Confindustria, +0,8% per l’Upb.

LE STIME SUL PIL ITALIANO E L’ANDAMENTO DELL’INFLAZIONE DI BANKITALIA

Nel prossimo biennio dovrebbe rafforzarsi, segnando +1% nel 2025, +1,2% nel 2026 (+0,9% e +1,3% le stime non corrette per le giornate lavorative).
Per Bankitalia alla ripresa della domanda estera e al recupero del potere d’acquisto delle famiglie che sostengono l’attività – con i consumi che, dopo il forte calo nel 2023, hanno ripreso vigore nel primo trimestre, continuando a crescere a tassi lievemente superiori a quelli del Pil – fanno da contraltare condizioni di finanziamento ancora restrittive e la pesante sforbiciata ai bonus edilizi che fiaccano gli investimenti, un peso che dovrebbe essere in parte compensato dall’avvio dei cantieri delle opere pubbliche e dall’effettiva messa a terra dei progetti del Pnrr.

La domanda estera spinge l’export, mentre le importazioni rallentano scontando la debolezza della spesa per investimenti. Il saldo di conto corrente della bilancia dei pagamenti si manterrebbe su un sentiero in salita, avvicinandosi al 2% del Pil nel 2026.

LA SITUAZIONE DELL’OCCUPAZIONE: IN CRESCITA MA PIÙ LENTAMENTE

Dopo il boom del 2023, quest’anno l’occupazione continuerà a crescere anche se con ritmi inferiori rispetto a quelli del Pil. In lenta discesa il tasso di disoccupazione, fino al 7,4% nel 2026, oltre 5 punti in meno, stima Palazzo Kock, rispetto ai picchi toccati dopo la crisi del debito un decennio fa.
Il netto ridimensionamento dell’inflazione – dal 5,9% del 2023 all’1,3% previsto per quest’anno – rifletterebbe soprattutto il contributo negativo dei prezzi dei beni intermedi e del calo dei beni energetici, del gas in particolar modo, più rapido del previsto – che sarebbe solo parzialmente compensato dall’accelerazione delle retribuzioni (che dovrebbero segnare un rialzo di circa il 3,5% all’anno in media nel triennio). Il prossimo anno e quello successivo i prezzi dovrebbero tornare a crescere, fino all’1,7%.
L’inflazione di fondo scenderebbe al 2% quest’anno, sotto questo livello nel biennio successivo.

Questo dunque lo scenario delineato da Bankitalia considerando un contesto in cui la domanda di esportazioni torni a espandersi nel triennio, di circa il 2,5% in media all’anno, i prezzi delle materie prime energetiche si riducano progressivamente, mentre i costi di finanziamento per imprese e famiglie rimarrebbero elevati nell’anno in corso per ridursi gradualmente nel prossimo biennio.

PIL ITALIANO E INFLAZIONE, PER BANKITALIA MOLTO DIPENDE DAI CONFLITTI IN CORSO

La “tenuta” del quadro è legata soprattutto all’evoluzione dei conflitti in corso, ma non solo. Per la crescita i rischi sono orientati prevalentemente al ribasso: potrebbe essere più bassa in caso il commercio internazionale stentasse ancora registrando l’incertezza che caratterizza la ripresa dell’economia cinese, oltre che un’eventuale escalation delle tensioni geopolitiche. L’impatto della stretta monetaria e del ridimensionamento degli incentivi per l’edilizia, poi, potrebbe essere più accentuato del previsto.

Bilanciati invece i rischi per l’inflazione: pressioni al rialzo, spiegano gli economisti della Banca d’Italia, potrebbero manifestarsi qualora un aggravarsi delle tensioni internazionali riavviasse la corsa dei prezzi delle materie prime e dei beni intermedi. Per contro, la possibilità di un deterioramento dello scenario internazionale e di un impatto più marcato della restrizione monetaria potrebbero tradursi in un andamento meno favorevole della domanda con ripercussioni al ribasso su salari, margini di profitto e inflazione al consumo.


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