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IL MOTORE del mercato dei lavoratori continua a girare a pieni giri, una notizia più che mai confortante in uno scenario in frenata: crescono anche il reddito disponibile delle famiglie e il potere d’acquisto di fronte a un’inflazione che si mantiene su un sentiero in discesa “costruendo” un significativo sostegno a una crescita che deve fare i conti con l’incertezza economica delle imprese e le tensioni geopolitiche in atto.

Le imprese sono a caccia di lavoratori: solo per il mese di gennaio sono previste 508mila assunzioni, circa 1,4 milioni nel primo trimestre dell’anno, rispettivamente oltre 4mila posti in più rispetto a gennaio 2023 (+0,9%), 69mila nel confronto con i primi tre mesi dello scorso anno. Numeri che però devono fare i conti la difficoltà di reperire il personale, un’impresa sempre più ardua tra mancanza di candidature o competenze inadeguate: il mismatch tra domanda e offerta di lavoro riguarda 250mila delle 508mila assunzioni programmate in questo mese – il 49,2%, +3,7% rispetto allo scorso anno: farmacisti e biologi sono le figure più difficili da trovare (91,4%), insieme agli operai addetti a macchinari dell’industria tessile e delle confezioni (72,8%), seguiti dai fonditori, saldatori, montatori di carpenteria metallica (72,6%), dagli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (71,8%) e dai tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (70,6%).

Sono i dati messi a fuoco nel Bollettino del Sistema Informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal. Intanto a trainare la domanda è il settore dei servizi alla persona a caccia di 70mila lavoratori da assumere entro il primo mese dell’anno (+10,0% rispetto a gennaio 2023), poche meno, 68mila, le figure ricercate nel commercio (+13,7%), 51mila nelle costruzioni (+1,8%). Numeri in calo invece nel turismo e nell’industria manifatturiera dove gli ingressi programmati sono il 12,1% e il 2,3% in meno rispetto all’anno precedente: l’industria ha in programma 172mila assunzioni (-1,1% su base annua) 121mila delle quali nelle industrie manifatturiere e nelle public utilities, mentre le altre 51mila riguardano il settore delle costruzioni. I servizi prevedono di assumere in totale 336mila lavoratori (+2).

Nelle piccole e medie imprese, in particolare, si registra un balzo significativo rispetto ai numeri dello scorso anno, +3.300 e +3.800 assunzioni rispettivamente. Più contenuto il trend di crescita nelle grandi imprese, pari a +1.900, mentre le microimprese (1-9) dipendenti prevedono una flessione pari a circa 4.500 nuovi ingressi rispetto allo stesso periodo del 2023. Il maggior numero di richieste arriva dalle imprese del Nord-ovest e del Nord-est, che programmano rispettivamente oltre 174mila e oltre 118mila assunzioni), superano le 110mila unità quelle previste nel Sud, sono circa 105mila nel Centro. A guidare la classifica regionale è Lombardia (circa 123mila), Lazio (oltre 53mila), Veneto (oltre 48mila), Emilia-Romagna (circa 48mila), Piemonte (oltre 38mila) e Campania (circa 35mila). Le imprese puntano ad accaparrarsi circa 97mila laureati (il 19% delle potenziali assunzioni), 155mila diplomati (il 30%) e 163mila lavoratori in possesso di una qualifica o un diploma professionale (il32%). Circa 7mila le richieste per i diplomati ITS Academy. Aumentano quindi le possibilità di occupazione e crescono le disponibilità delle famiglie: nel terzo trimestre 2023, segnala l’Istat, il reddito lordo delle famiglie è aumentato dell’1,8% rispetto ai precedenti tre mesi e cresce anche il potere d’acquisto, che segna +1,3% a fronte di un aumento dei prezzi dello 0,5%.

La ripresa, rileva l’Istat, iniziata nel primo trimestre 2023, era stata interrotta dalla lieve flessione del trimestre successivo. Le famiglie hanno ripreso anche a mettere qualcosa da parte qualcosa da parte: la propensione al risparmio è stata pari al 6,9%, 0,2 percentuali in più rispetto al trimestre di primavera, restando comunque “molto al di sotto dei livelli pre-Covid”. L’amento, spiega l’Istat, deriva da una crescita nominale della spesa per consumi finali meno sostenuta rispetto a quella registrata per il reddito lordo disponibile pari a +1,2% e +1,8%, rispettivamente, in termini nominali. Frena, poi, la pressione fiscale che pressione fiscale nel trimestre considerato è stata pari al 41,2%, in riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.


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