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Il ministro per il Pnrr Raffaele Fitto

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NESSUNA opera del Pnrr sarà “tagliata” o, per usare un termine più tecnico “definanziato”: è un concetto che il ministro della Coesione, con la delega al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Raffaele Fitto, scandirà più volte, prima alla Camera e poi al Senato, per respingere le accuse e spiegare i motivi che lo hanno spinto a “rimodulare” alcuni degli interventi del Piano.

Alla fine di una lunga giornata, segnata anche dalle polemiche dell’opposizione, passa la risoluzione di maggioranza che chiede un “pieno coinvolgimento del Parlamento”, sulle comunicazioni del ministro Fitto sul Pnrr. Bocciate invece quelle presentate dagli altri partiti. Anche se la leader del Pd, Elly Schlein, si dice pronta a “collaborare”. Dagli asili agli interventi contro il dissesto-idrogeologico fino alla valorizzazione dei beni confiscati alla mafia, tutto sarà coperto ricorrendo a fonti diverse di finanziamento, come i fondi Ue destinati allo sviluppo o quelli per la Coesione. Strumenti che, tra l’altro, hanno la possibilità di tempi più lunghi. Del resto c’è uno scenario che il ministro vuole assolutamente evitare, nell’interesse del Paese prima ancora che del governo: ritrovarsi fra due anni, con il Pnrr ormai immodificabile, a fare la conta dei soldi dell’Europa persi o da restituire perchè bocciati o non in grado di tagliare il traguardo del giugno del 2026 previsto dalla Comunità.

Invece, il programma di revisione del Pnrr presentato dall’esecutivo, e che ora andrà presentato alla Commissione, prevede tre tipologie di modifiche. La prima, quella “digeribile” per tutti, opposizione compresa, comporta solo cambiamenti “tecnici”, per correggere errori formali o dubbi interpretativi. La seconda, più sostanziosa, comporta una riprogrammazione o l’avvio di nuovi bandi alla luce delle mutate condizioni di contesto, a partire dall’aumento dei costi delle materie prima. La terza tipologia, invece, quella sulla quale si sono accese le polemiche dell’opposizione e che ha suscitato rischieste di chiarimento da parte del Servizio Studi della Camera, comporta lo spostamento di alcune “misure” su altre fondi di finanziamento, da reperire tra il piano nazionale complementare al Pnrr e i fondi delle politiche di coesione. La prima tranche di nove progetti, per un totale di 15,9 miliardi, è stata già messa a punto. Gran parte di queste risorse saranno dirottate sul Repower Ue, il grande progetto europeo per l’energia e la transizione ecologica.

Ma Fitto, ieri, ha voluto mandare un segnale inequivocabile soprattutto ai sindaci e agli altri enti locali che nei giorni scorsi hanno paventato scenari “catastrofici”: “Gli interventi del Pnrr andranno avanti regolarmente. Non stiamo dicendo che revochiamo il finanziamento, perchè in questo non solo saremmo degli irresponsabili ma non avremmo capito nulla di quello di cui stiamo parlando. E’ bene fare chiarezza, ci sono impegni anche giuridicamente vincolati ai quali non possiamo sottrarci”. Il ministro confessa, più volte di essere “dispiaciuto e deluso” per le polemiche delle ultime settimane su alcuni punti qualificanti del piano: dai fondi per gli asili nido a quelli sul riutilizzo dei beni confiscati alla mafia (“una contestazione strumentale”) e sulle residenze per gli studenti universitari. Sugli asili, spiega Fitto, “abbiamo lavorato per individuare delle soluzioni e modificare gli obiettivi intermedi”. Il governo , inoltre, “ha individuato 900 milioni aggiuntivi per allestire un nuovo bando, altro che tagli”. E ancora, rivolto alle opposizioni: “Non ho ascoltato una sola critica di merito rispetto alle questioni poste, è falso quando si dice che vogliamo definanziare i progetti contro il dissesto idrogeologico”.

La verità, aggiunte Fitto, è che stiamo parlando di interventi per 1,2 miliardi che risalgono, in qualche caso, a tredici anni fa, e che sono fermi da anni: “Non si sa neanche se sono in linea con i criteri, molto stringenti, fissati dal Pnrr”. La vicenda della terza rata del Pnrr (appena sbloccata dall’Ue) e della quarta (che dovrà essere definita entro quest’anno) ha spinto il ministro a inaugurare un nuovo metodo di confronto con l’Ue, per così “preventivo”, per evitare insomma di trovarsi in difficoltà al termine del percorso di valutazione. Risultato: l’assegno della terza rata sarà di 16 miliardi, 500 milioni in meno del previsto, risorse (quelle relative alle residenze universitarie) che saranno spostate sulla quarta rata.

Entro la fine dell’anno, assicura Fitto, l’Italia incasserà i 35 miliardi previsti. Del resto i controlli dell’Ue diventeranno sempre più stringenti, anche con verifiche a campione, per verificare l’effettiva realizzazione dei progetti. Non a caso, per il via libera alla terza rata, sono stati necessari 47 interventi normativi e amministrativi, con oltre un centinaio di riunioni in presenza e online. Ora che la strada è tracciata, si proseguirà con lo stesso metodo anche per le proposte di modifica, che riguardano 144 misure su un totale di 298 (63 riforme e 235 interventi). Le risorse reindirizzate ad altre voci finanzieranno soprattutto il programma REPower EU, il capitolo aggiunto dopo la lievitazione del prezzo dell’energia a seguito del conflitto in corso in Ucraina. Tra le misure introdotte spicca l’Ecobonus da 4 miliardi di euro. Fitto specifica: “Lo immaginiamo non solo per le famiglie meno abbienti, che sono la priorità, anche per i giovani e i condomini. Non ci saranno soldi a pioggia, come fatto in precedenza con gravi rischi per le casse statali, ma risorse mirate a chi necessita realmente un sostegno”.

Ma fra gli obiettivi c’è anche quello di trasformare l’Italia nell’Hub energetico dell’intera Europa, affidando il ruolo chiave al Mediterraneo. Una vera e propria strategia, insomma, che si incrocia con quella messa in campo dalla Premier, Giorgia Meloni, con il Piano Mattei destinato allo sviluppo dei Paesi nord-Africani non solo con l’obiettivo di fermare i flussi ma anche di aprire nuove opportunità di crescita per il nostro Paese. A cominciare dalle Regioni del Mezzogiorno.


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