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Il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni

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L’ANNO “difficile” dell’Europa, ma anche dell’Italia e non solo, lo raccontano i numeri delle previsioni economiche d’autunno della Commissione europea che rivedono al ribasso quelli diffusi a luglio: due punti percentuali in meno per il Vecchio continente e anche per il Belpaese, con il Pil in discesa rispettivamente a +0,6% e a +0,7% (0,8% la crescita attesa nella Nadef), da +0,8% e +0,9%. L’Europa tutta frena ma la recessione sembra scongiurata a livello aggregato e anche per l’Italia, mentre devono farci i conti Germania con un Pil a quota -0,3%, Irlanda a -0,9%, Lettonia a -0,2%, Lituania a -0,4%, Lussemburgo a -0,6%, Austria a -0,5%. Tra le altre grandi economie, la Francia dovrebbe segnare +1%, +2,4% la Spagna, +0,6% l’Olanda.

«Ci stiamo avvicinando alla fine di un anno difficile per l’economia dell’Europa, in cui la crescita del Pil ha rallentato più del previsto. Le forti pressioni sui prezzi e la stretta monetaria necessaria per contenerle, nonché la debolezza della domanda globale, hanno messo a dura prova famiglie e imprese», il commento del commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni. Al 2024 il commissario prova a guardare con ottimismo e prospetta una ripresa, seppur modesta. La Zona Euro dovrebbe segnare una crescita dell’1,2% (-0,2% rispetto alle stime di luglio), +0,9 l’Italia (in rialzo rispetto allo 0,8% stimato a luglio), “merito” dell’inflazione che allenta ulteriormente la corsa, della resilienza del mercato del lavoro, degli investimenti dei Recovery Fund. Per il 2025 i numeri attesi sono rispettivamente +1,6% e 1,2%.

Resta alta l’incertezza e a mettere a rischio la tenuta delle previsioni ci sono le tensioni geopolitiche con la possibilità di nuove eventuali tensioni sui prezzi dell’energia, e quindi di una ripresa della corsa dell’inflazione ora in costante rallentamento (al 5,6% nel 2023; al 3,2% e al 2,2% nel 2024 e 2025 per l’Eurozona; rispettivamente al 6,1%, 2,7% e 2,3% per l’Italia che per ottobre segna -0,2% su settembre e +1,7% sullo scorso anno). Finora dal conflitto in Medio Oriente non sono arrivati “segnali” allarmanti su questo fronte ma, rileva Gentiloni, un’eventuale escalation, con il coinvolgimento di altri Paesi della regione, «potrebbe cambiare il percorso dell’inflazione».

Intanto a sostegno della «sfida» della crescita italiana “giocano” diversi fattori: in primo luogo, afferma Gentiloni, «un mercato del lavoro in buone condizioni, non abbiamo alti livelli di disoccupazione; l’inflazione, poi, sta scendendo, «e quindi questo avrà delle conseguenze di medio termine positive, anche sul finanziamento delle imprese e sui costi per i consumatori e per le famiglie». C’è poi il “motore” Pnrr che bisogna spingere al massimo: «E’ molto importante sviluppare gli obiettivi e i programmi di riforme ed investimento del Pnrr, che nelle nostre valutazioni sono una parte significativa di questa crescita, sia pur limitata, che potenzialmente abbiamo», rimarca il commissario Gentiloni. In particolare, in Europa della Commissione europea hanno calcolato un impatto potenziale di 0,5 per cento di crescita all’anno sul Pil proveniente dagli investimenti del Pnrr, riforme escluse. «Sembra poco – dice – ma guardando alle cifre complessive di crescita ci rendiamo conto che è molto significativo». E proprio nel biennio 2024-2024 si concentra la maggior quota di investimenti.

Nel rapporto di Palazzo Berlaymont, poi, si evidenzia il dato sul deficit e sul debito. Il primo si attesterà al 5,3% quest’anno e al 4,4% nel 2024. Con uno scostamento rispetto all’ultima Nadef dell’esecutivo Meloni, mentre la discesa debito pubblico in Italia “si fermerà nel 2024-25”: il rapporto debito/Pil, si rileva nel report, “dovrebbe scendere leggermente al 139,8% del Pil nel 2023, per poi aumentare nuovamente al 140,9% entro il 2025”. La «sensibile differenza» tra le previsioni dell’esecutivo Ue e del governo per il 2025 si basa, spiega Gentiloni, essenzialmente su tre punti: intanto le stime Ue «includono un incremento più alto del costo degli interessi sul debito rispetto alle stime italiane, nel 2025 rispetto al 2024».

In secondo luogo «la Commissione include nelle proprie stime un prolungamento delle misure sul cuneo fiscale che è stata adottata per l’anno scorso e quest’anno. Perché è stata rinnovata sistematicamente ormai in questi anni e perché il governo l’ha presentata con una misura permanente. Quindi noi includiamo anche i costi. Infine, la stima della Commissione assume un incremento del valore dei salari e degli stipendi pubblici maggiore di quello che è previsto nelle stime italiane». «Queste sono le tre ragioni principali per una differenza che è sensibile nella proiezione di deficit e di debito che sono maggiori nelle stime della Commissione».

Intanto il contenimento della spesa primaria sotto una certa asticella, è uno dei parametri “più importanti su cui saranno ”chiave” della valutazione dei progetti di bilancio dei diversi Stati: «Valuteremo se viene rispettato o meno», avverte Gentiloni. Il giudizio è atteso per il 21 novembre. E il calo del disavanzo pubblico è un tema sensibile nel confronto tra i ministri delle Finanze Ue sulle nuove regole della governance.

La proposta della Commissione Ue sulla riforma del Patto di Stabilità «è certamente utile per tutti i Paesi e in modo particolare importante anche per l’Italia», sottolinea il commissario Gentiloni interpellato sulle condizioni di ritorno alla vecchie regole messe in stand by durante l’emergenza Covid se non si trovasse un accordo. «Le regole preesistenti hanno mostrato un’evidente difficoltà – afferma – e se abbiamo avuto una crescita molto molto lenta e abbiamo avuto un debito che è andato crescendo continuamente negli ultimi 25 anni non sarà ovviamente colpa delle regole fiscali ma certamente non lo hanno impedito».


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